«Roberto devastato dallo droga»

«Roberto devastato dallo droga»
3 Minuti di Lettura
Sabato 10 Ottobre 2020, 05:03
ADRIA
Pochi minuti che hanno segnato la fine di una giovane vita e la lacerazione di più esistenze e famiglie, ancora alle prese con un dolore incancellabile, emerso dalle loro lacrime e parole, nel ricordare quanto avvenuto un anno fa. Il 17 ottobre sarà passato un anno dalla morte di Giulia Lazzari, la giovane mamma di 23 anni strangolata dal marito, nove giorni prima, l'8 ottobre. E ieri si è aperto il processo al marito, Roberto Lo Coco, 29 anni, in carcere a Verona, ma presente in aula, accusato di omicidio volontario, aggravato dal vincolo coniugale, dalla premeditazione e dalla presenza della figlia minore.
Il processo è entrato subito nel vivo, dopo l'accoglimento da parte della Corte d'Assise del Tribunale di Rovigo, presieduta dal giudice Angelo Risi con Nicoletta Stefanutti giudice a latere, della costituzione di parte civile del Comune di Adria, insieme a quelle di padre, madre e sorella della vittima, con l'avvocato Enrica Fabbri, dei tre zii di Giulia Lazzari, con l'avvocato Luca Azzano Cantarutti, e della figlia di 5 anni, affidata a una comunità, con l'avvocato Cecilia Tessarin, sono state subito sentite le prime testimonianze.
LE TESTIMONIANZE
A cominciare da un maresciallo dei Carabinieri di Adria che ha raccontato come l'episodio dello strangolamento fosse emerso solo il giorno successivo, per la segnalazione dell'ospedale, dove si era presentata la madre di Lo Coco, parlando di un litigio della donna con suo figlio: «Abbiamo rintracciato Lo Coco a casa di un amico, e l'abbiamo portato in caserma, dove fra un singhiozzo e un pianto ha ammesso tutto. Diceva che non voleva, ci ha dato una lettera che non aveva mai consegnato alla moglie nella quale la pregava di non lasciarlo. Aveva la paranoia che lei, che lavorava come cameriera in pizzeria, lo tradisse. Era in uno stato di profonda alterazione e l'abbiamo accompagnato in ospedale per il ricovero in psichiatria».
FRATELLO SCONVOLTO
A ripercorrere i momenti più drammatici è stato, poi, il fratello più piccolo dell'imputato, Gabriele, che era presente in casa e che, aprendo la porta della sua camera, dove stava riposando, ha visto Giulia riversa sulle scale, priva di coscienza, poi, scendendo il fratello che con una corda intorno al collo, legata alla ringhiera, tentava di impiccarsi, anche se i suoi piedi toccavano terra: «Gli occhi di Giulia non li vedevo, ho iniziato a urlare, a piangere, ero sconvolto. Ho tirato via Roberto dalla corda, era mezzo svenuto, poi ho chiamato l'ambulanza, intanto lui ha riprovato, poi ci ha provato anche con un coltello, in cucina, ma non ha trovato il coraggio. L'ambulanza è arrivata dopo mezz'ora, nel frattempo era arrivata la zia di Giulia, ma non le ho aperto, ero nel panico, Roberto, che già un anno prima aveva tentato il suicidio, non parlava, era catatonico, non ha parlato fino al giorno dopo, quando ha detto: ho fatto una cazzata. Roberto non era violento, con Giulia c'erano disaccordi, ma litigi solo verbali. Lei aveva deciso di mollarlo, l'aveva detto a me e a mia madre, avevamo detto che l'avremmo aiutata, non so a Roberto. Lui doveva andare in una comunità era stata già contattata».
PROBLEMI DI DROGA
Circostanze più o meno confermate anche dal fratello maggiore, Giuseppe e anche dalla madre di Lo Coco, Concetta Giglio: «Quando ho visto le ambulanze, pensavo fossero per Roberto, che aveva problemi di droga, eroina. È stato lui a dire cosa aveva fatto, la mattina dopo. Io poi non ho più parlato con mio figlio». Straziantela testimonianza della zia di Giulia, Monica Lazzari, che vive sempre alle Case Rosse: «Per me era una figlia, è cresciuta con noi insieme alla sorella, quando l'hanno tolta ai genitori. Il giorno prima eravamo andate insieme a vedere una casa, non ce la faceva più, lui era sempre fatto. Era andata anche in Comune a sentire come funzionava per la separazione. La mattina dopo, sono scesa e Roberto ha detto: Ho fatto una minchiata, le ho chiesto un ultimo abbraccio poi l'ho presa per il collo. Io mi sono lanciata verso di lui, ma mi hanno fermato. Avevo un buon rapporto con Roberto, non aveva mai alzato le mani su Giulia».
Francesco Campi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA