L'uomo che fermò Settembre Nero

L'uomo che fermò Settembre Nero
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Martedì 23 Settembre 2014, 05:55
IL PERSONAGGIO
GERUSALEMME
«Gli agenti del Mossad non vanno mai in pensione», ammiccò cinque anni fa durante uno dei nostri lunghi incontri. Mike Harari amava l'Italia. Gli piaceva l'opera e “moltissimo” la Toscana dove, almeno negli ultimi anni, portava figli e nipoti in vacanza. Era stato nella penisola che il leggendario agente del Mossad con ampia licenza d'uccidere, morto ieri a 87 anni, aveva cominciato ad imparare il mestiere mettendo in salvo migliaia di ebrei usciti dagli orrori dei campi nazisti e alla ricerca di una patria in Palestina. Fu a Roma che diresse, anni dopo, almeno un capitolo di una delle sue più clamorose operazioni: la “vendetta” dopo il massacro alle Olimpiadi di Monaco nel 1972. E fu con un passaporto italiano, probabilmente falsificato, che si presentò all'aeroporto di Entebbe in Uganda, per mettere a punto l'assalto dei commandos che liberarono gli ostaggi di più famosi dirottamenti della storia dell'aviazione. Soltanto di recente, consapevole che la fine era vicina, accennò alla sua partecipazione allo sforzo israeliano per debilitare il progetto nucleare iraniano. Nessun dettaglio ma abbastanza per far pensare che fu di grande aiuto agli agenti del Mossad che si servirono di un ufficio commerciale a Milano per arrivare a Teheran e oltre.
Mike, come era conosciuto nell'ambiente dei servizi segreti israeliani, amava parlare dei primi anni della sua lunga e movimentata carriera.
LA CARRIERA
Parlandomi di quel periodo nel suo ufficio a Tel Aviv mostrava con orgoglio una vecchia pistola. «Il mio unico souvenir». Era fiero di aver contribuito a portare via dall'Italia del dopoguerra le vittime sopravvissute del nazismo e di aver partecipato al traffico di armi per i combattenti che si preparavano alla guerra con gli arabi. Aveva lavorato con altri miti come la romana Ada Sereni, la prima dirigente del Mossad anche se, probabilmente perché donna, i leader della giovane Israele - si lamentava Harari - non le vollero riconoscere ufficialmente quel ruolo. Mike, allora, faceva il marconista e il corriere. Manteneva i contatti tra le varie formazioni in Italia e in Palestina. Anni dopo sarebbe tornato nel nostro Paese con un ruolo più impegnativo. Quello che lo avrebbe reso famoso.
Steven Spielberg nel suo film - Monaco - lo ricorda brillante, deciso e spietato. Aveva avuto l'ordine dall'allora premier Golda Meir, di dare la caccia ai terroristi palestinesi di Settembre nero. La parola vendetta non figura negli archivi del Mossad, ma oltre a voler decapitare una delle più pericolose organizzazioni della resistenza palestinese, il compito affidato a Mike era proprio di vendicare la morte degli atleti israeliani. Cominciò a Roma nel quartiere Africano, in fondo a Corso Trieste, che aveva frequentato nei suoi anni giovanili: la base del Mossad era da quelle parti. «Strade belle, alberate». Ottime per un agguato.
L'ATTENTATO
Wail Zuwaiter era un intellettuale palestinese. Faceva il traduttore per conto dell'ambasciata libica e si muoveva tra la sua abitazione e quella della sua donna, una pittrice australiana, nei pressi del Vaticano. «A noi risultava essere un uomo di Settembre nero», si giustificarono gli israeliani dopo averlo falciato a colpi di pistola davanti all'ascensore di casa. Quella parte della carriera dello 007 con licenza d'uccidere finì qualche anno dopo quando Harari e i suoi uccisero per errore un cameriere nordafricano in Norvegia. L'avevano preso per uno di quelli responsabili dell'attacco a Monaco. Alcuni agenti del Mossad finirono in carcere e Harari offrì le sue dimissioni. Non furono accettate. Nel 1976 ebbe un ruolo nell'assalto all'aeroporto di Entebbe per liberare gli ostaggi su un aereo dell'Air France e tre anni più tardi si rimise al lavoro completando la sua caccia a quelli di Settembre nero con un'incursione mirata a Beirut.
IL SUD AMERICA
Cosa fece dopo è meno noto. Lo trasferirono in America Latina. Non fu una punizione. Di quella parte della sua vita ha sempre parlato poco. Probabilmente trafficava in armi e in droga quando a commerciare in questi prodotti erano soprattutto i servizi segreti di mezzo mondo. Chi per autofinanziarsi, chi per motivi politici o militari. Si sa che a lungo fu consigliere del dittatore panamense Noriega (che aveva rapporti privilegiati con Israele) e si salvò grazie ai suoi amici della Cia che lo avvertirono dell'imminente invasione americana. Il resto è mistero. E come ha detto il ministro della difesa Yaalon «non si saprà mai tutto quello che fece Mike Harari».
Eric Salerno
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