Ecco le Terme di Augusto

Ecco le Terme di Augusto
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Lunedì 6 Ottobre 2014, 06:15
LA SCOPERTA
Orazio, uno dei più illustri poeti che animavano il circolo letterario di Augusto (suo il “Carpe diem”, cogli l'attimo), racconta nelle sue “Epistole” come il medico Antonio Musa avesse prescritto all'imperatore le cure presso le terme di acque minerali a Gabii. Dettaglio non da poco. Perché quell'Antonio Musa, il più famoso dei medici dell'epoca, guarirà (e salverà) il primo imperatore di Roma nel 23 a.C. da gravi problemi al fegato, prescrivendogli i bagni termali a Gabii. E nell'anno del Bimillenario di Augusto, ecco che viene scoperto il luogo in cui l'imperatore risanò i dolori che ne fiaccavano forze e spirito: il complesso termale, un tempo ricco di acque minerali terapeutiche, dell'antica città sulla via Prenestina, a venti chilometri da Roma. Ne è convinto Stefano Musco, l'archeologo della Soprintendenza ai beni archeologici di Roma, diretta da Mariarosaria Barbera, che ha condotto insieme a Cristina D'Agostini due campagne di scavo che a luglio scorso hanno riportato alla luce le famose terme di Augusto. Solo una parte delle terme, precisano, perché il resto del complesso giace ancora sotto la terra.
«Il medico Antonio Musa, che pure non ebbe ragione della debole fibra del giovane Marcello, nipote e genero di Augusto, riuscì più volte a curare con successo altri membri della famiglia imperiale - racconta Mariarosaria Barbera - Appare molto suggestiva l'immagine di Augusto che, magari a Gabii, praticava le cure a base di fomentazioni e bagni freddi prescrittegli da Musa quando, vincitore delle guerre cantabriche, tornò dalla Spagna con gravi problemi al fegato».
GLI ULTIMI RE
Una scoperta che riporta all'onore delle cronache Gabii, città che un tempo si spartiva la scena con la Roma arcaica delle origini, legata alla memoria dell'ultimo re Tarquinio il Superbo e del controverso figlio Sesto Tarquinio, che qui ebbe la sua residenza regale. Gabii è un luogo magico, di rovine e prati a perdita d'occhio, 70 ettari (Pompei ne ha 66) incontaminati di agro romano, acquisiti dal Demanio nel 1987. All'altezza della sua importanza, Gabii è al centro di un vero laboratorio internazionale di ricerca: «Da due anni la Soprintendenza ha siglato una collaborazione con il Louvre - dice Musco - e da cinque ha firmato convenzioni con le università del Michigan e di Bonn con cui si sta ricostruendo la topografia della città».
A datare le terme all'età augustea è la struttura muraria. La loro fama citata dalle fonti stava nella qualità dell'acqua. «Tutta l'area di Gabii è di origine vulcanica - avverte Musco - La città si estendeva nei pressi di un lago vulcanico prosciugato poi alla fine dell'800 dai Borghese». Le terme si affacciano sul tracciato dell'antica via Prenestina, basoli e crepidini (marciapiedi) si incrociano, più avanti, con l'antico corso Tibur-Gabii. Siamo nel cuore logistico della città. Dalla strada si entra nelle terme. Parallelo al corso si riconosce un corridoio di servizio per gli schiavi addetti alla manutenzione. Un ingresso, pavimentato da un mosaico con motivi a girali, e dotato di un sedile, conduce alla sequenza di tre vaste stanze “calde”. Le murature sono un libro di storia illustrato. Le pareti sfoggiano il sistema dei tubuli per l'aria calda con vistose tracce di combustione, e sotto il pavimento emergono le piattaforme dei “praefurnia”.
SEDUTI SULLE EPIGRAFI
Nel primo ambiente sono state addirittura riciclate antiche epigrafi come lastre per la seduta del pubblico, lasciando il calco delle incisioni nella malta sottostante. Il “tepidarium” si collega al “calidarium”. E i mosaici sono protagonisti assoluti. Nel primo, si riconoscono figure di mostri e animali marini in una coreografia di tasselli bianchi, neri e giallo antico, chiusi da una cornice. Il calidarium, come indica la D'Agostini, sfoggia una composizione con quattro aurighi rappresentanti le quattro fazioni del circo. Sono frontali, a figura intera, più grandi del reale, abbigliati per la corsa con tanto di elmetto di cuoio, reggono ciascuno nella mano destra un frustino e nella sinistra le redini con i cavalli. Di due, si leggono i nomi, Hilarus e Alcides. Al centro compare a mezzo busto il custode delle terme, “Custos Victor”. «Questo mosaico rappresenta un unicum iconografico tra Roma e Lazio - annuncia con un pizzico di emozione Musco - hanno a livello laziale solo un altro confronto con il cosiddetto Palazzo Imperiale a Ostia Antica. Di questa tipologia non esistono altri confronti diretti, per la grandezza delle figure e per lo stile iconografico».
Laura Larcan
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