Cardinale Brandmueller: Pio IX una figura da rivalutare anche nel frangente storico della Breccia

Cardinale Brandmueller: Pio IX una figura da rivalutare anche nel frangente storico della Breccia
di Franca Giansoldati
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Lunedì 14 Settembre 2020, 12:50 - Ultimo aggiornamento: 15 Settembre, 14:15

Cardinale Walter Brandmueller, lei, da storico e da presidente emerito del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, si è occupato a lungo della figura di Pio IX e della Breccia di Porta Pia, una ferita conclusasi con i Patti Lateranensi e le parole di Paolo VI in Campidoglio. «Noi non abbiamo alcun rimpianto, né alcuna nostalgia, né tanto meno alcuna segreta velleità rivendicatrice». Secondo lei questa ferita si trascina ancora, magari in modo carsico?
«Il discorso ci porterebbe troppo lontano. Mi concentrerei piuttosto su quanto fossero stati buoni i rapporti tra il Prigioniero del Vaticano - Pio IX -e il re d'Italia Vittorio Emanuele II di Savoia».
Effettivamente una cosa un po' strana. Ma questo significa che Pio IX era consapevole e, in fondo, quasi rassegnato?
«Per comprendere Pio IX - nel suo agire da pastore della Chiesa universale - bisogna osservarlo nel contesto storico dell'epoca. Erano tempi segnati dall'esplosione dello sviluppo tecnologico e industriale. Si diffondeva l'influenza della filosofia dell'idealismo tedesco, di Karl Marx, dei protagonisti delle nuove e potenti scienze naturali che insistevano su uno spiccato e aggressivo materialismo, arrivando persino a negare la natura razionale dell'uomo. In questo quadro di riferimento Pio IX fu il primo Papa capace di affrontare lo sviluppo della Chiesa nelle parti remote: Australia, Oceania, Stati Uniti. Al contrario, però, la politica interna, quella relativa allo Stato Pontificio fu condizionata dal sempre più imminente tramonto del suo regno secolare. Ne era totalmente consapevole. Pio IX sapeva bene di dover affrontare un movimento politico ideologico decisamente contro la fede cattolica, ostile a ciò che è la realtà soprannaturale e la vita della Chiesa insegnavano».
Secondo lei fu un pontificato più religioso o politico?
«Per quanto riguarda la situazione dello Stato pontificio e della Chiesa del tempo, Pio IX non si comprendeva come leader politico. È chiaro da come emerge da tanti documenti. La politica era per lui un aspetto secondario dovuto alla esistenza del Papa Re. Se dovessi descrivere Pio IX direi che era un uomo profondamente religioso che aveva compreso in anticipo quali fossero le nuove sfide per la fede, già minacciata da ciò che oggi chiameremmo relativismo e laicismo. Questo Papa si vide innanzitutto come pastore della chiesa universale, la pietra che doveva restare ferma in un mare sempre più burrascoso».
Papa Mastai Ferretti però non esitò a firmare il non expedit, per esempio, o anche a promulgare il Sillabo. Non era certo un Papa che evitava la politica...

«Quanti cliché. Prendiamo il famigerato Sillabo; per la maggior parte dei suoi critici era un documento repressivo anche se non lo sottoposero mai a uno studio approfondito. 150 anni dopo, invece, è da riconoscere la visione lungimirante di Pio IX che individuò quello che poi sarebbe stato devastante, mi riferisco alla ideologia che fu causa di catastrofi e stragi. I critici del Sillabo dovrebbero comprendere le intenzioni di Pio IX. Le accuse che furono alla base della condanna del Sillabo erano dovute ad una lettura inadeguata».
Quindi Pio IX non era un super reazionario?
«La maggior parte dei critici lo definisce esattamente così, un reazionario, una persona fuori dal mondo ignorando però l'enorme rifioritura della pietà popolare che si registrò durante il suo pontificato dopo l'aridità dell'Illuminismo.

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