Terracina, violenza filmata e ricatti, si cerca un complice dei due ventenni arrestati

Terracina, violenza filmata e ricatti, si cerca un complice dei due ventenni arrestati
di Mirko Macaro
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Lunedì 25 Ottobre 2021, 05:02 - Ultimo aggiornamento: 11:31

Nonostante i due arresti eseguiti sabato tra un comune veneto e Fondi, il lavoro degli inquirenti non si ferma: le indagini sull'irruzione a domicilio culminata in una violenza sessuale di gruppo ai danni di una 20enne residente a Terracina, seguita da un ricatto hard e reiterate minacce, vanno avanti sottotraccia. Il cerchio attorno agli stupratori non è ancora chiuso. Bocche cucite, da parte degli investigatori della Questura e del Commissariato all'ombra del Tempio di Giove. Ma da quanto trapelato non sono esclusi nuovi provvedimenti restrittivi: a piede libero ci sarebbe un terzo soggetto che, secondo le ricostruzioni, ha in qualche modo partecipato agli abusi ai danni della giovane vittima, una ragazza indiana all'epoca dei fatti in procinto di sposarsi con un connazionale. Anche il presunto terzo uomo farebbe parte della nutrita comunità indiana stanziata da tempo in zona.
In attesa dei possibili, ulteriori sviluppi su questo fronte, intanto emergono altri risvolti agghiaccianti

. Dopo lo stupro - avvenuto nell'abitazione della vittima nel maggio del 2020, durante il primo lockdown per il Covid, con i volti travisati da mascherine chirurgiche - gli aguzzini non si sarebbero limitati ad intimidire la 20enne palesando l'intenzione di rendere di dominio pubblico il video girato tramite smartphone durante l'aggressione. Né si sarebbero fermati alle esplicite minacce di morte inviatele sul cellulare.

Stando alle dichiarazioni messe a verbale dalla parte lesa, infatti, si è arrivati ben oltre: sembra che a luglio vi sia stata una seconda irruzione in casa della ragazza. A introdursi con la forza nella sua abitazione, mentre si trovava da sola, due persone. Tra queste, almeno uno degli arrestati. In quei concitati frangenti la ragazza sarebbe stata spintonata e quindi bloccata per un braccio, permettendo a uno degli aggressori di iniettarle una sostanza non meglio precisata, probabilmente un sedativo. Non prima di aver proferito frasi dal seguente tenore: «Ora vediamo a chi dici quello che ti abbiamo fatto».

Nel dileguarsi, dicono le ricostruzioni, altre parole volte ad intimidire la poveretta: «Se dici quello che ti abbiamo fatto, ti ammazzo». Minacce poi rivolte indirettamente anche ai familiari della 20enne, travolta da un dolore indicibile già dal momento della violenza di gruppo e sempre più prostrata a livello psicologico. Tanto che nel settembre successivo, sentendosi sull'orlo del baratro e nel timore che il promesso sposo potesse ripudiarla, ha provato a farla finita. Un tentato suicidio attuato bevendo dei prodotti utilizzati per le pulizie domestiche, e sventato solo in extremis grazie a un provvidenziale intervento del personale medico.

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