L'INCHIESTA
Questa storia comincia in Belgio e finisce, almeno per il momento da Aprilia. E' l'inchiesta aperta dalla Procura di Rimini sulla scorta di una lunga indagine della Guardia di Finanza che ha portato alla luce una maxi frode che ha coinvolto decine di distributori stradali in diverse regioni italiane, sequestrando beni per oltre 3 milioni di euro e confiscando ad uno dei principali indagati beni per oltre 34 milioni di euro. Le accuse sono associazione per delinquere e fittizia intestazione di beni. Per l'operazione, denominata "Steal Oil, al momento risultano indagate 46 persone. Di queste dieci sono di Aprilia. Uno di loro, un imprenditore di 66 anni che vive ad Aprilia e in passato ha già avuto problemi con la giustizia, è considerato «promotore, costitutore, organizzatore e capo dell'associazione criminosa». Insieme a lui altri nove apriliani sono indagati per associazione a delinquere finalizzata a commettere «plurimi reati di intestazione fittizia di quote per eludere misure di prevenzione patrimoniale», la «ricettazione di 858 mila litri di kerosene che un autonomo gruppo criminale operante in Belgio aveva sottratto da un oleodotto della Nato»; la «frode nell'esercizio del commercio» avendo messo in vendita un milione e 188 mila litri di carburante» ottenuto «dall'illecita miscelazione tra il kerosene, gasolio per autotrazione e olio rigenerato».Aprilia è uno snodo importante dell'indagine del Nucleo di polizia economica e finanziaria di Rimini della Guardia di Finanza, guidato dal tenente colonnello Roberto Russo, perché proprio in un deposito nel nord della provincia di Latina che è stato "creato" il diesel taroccato. Gli autotrasportatori, molti dei quali di Aprilia, insieme ad alcuni colleghi della provincia di Frosinone, hanno trasferito il kerosene dal Belgio in Italia. Con un trucco. Il combustibile è stato spacciato per bitume e caricato in contenitori in plastica da 1000 litri (aggirando la normativa per i combustibili infiammabili che possono essere spostati solo con autocisterne). Non solo, la destinazione finale era indicata falsamente in Grecia: in realtà i camion si fermavano tutti ad Aprilia. E lì il kerosene veniva miscelato in una cisterna da 36 mila litri in queste proporzioni: 70 percento di kerosene, 20 per cento di gasolio per autotrazione, 10 per cento di olio rigenerato. A quel punto il gioco era fatto e dal deposito apriliano partivano le autocisterne cariche del gasolio taroccato. L'associazione a delinquere, secondo gli inquirenti, ha distribuito un milione e 200 mila litri di carburante in numerosi distributori che erano ignari della truffa e lo vendevano per buono. Uno degli apriliani indagati è anche scio e amministratore della società che ha fornito il gasolio per miscelare il kerosene.
L'imprenditore apriliano a capo del sodalizio, inoltre, è finito nei guai anche per un altro troncone dell'inchiesta della Procura di Rimini. Indagando, la guardia di finanza, ha scoperto che con i due soci a capo con lui dell'organizzazione criminale, uno di Ancona e uno di Rimini, aveva tentato di truffare la Regione Umbria per aver provato a ottenere un contributo a fondo perduto di quasi due milioni di euro grazie a società agricole intestate fittiziamente ad altri.
L'anconetano indagato è il titolare del deposito di Aprilia e in passato il suo nome era saltato fuori in un'altra inchiesta che vedeva Aprilia come crocevia. Parliamo dell'operazione Machiavelli, una indagine che aveva portato alla luce una rete di società, tra San Marino e la Calabria, create per una truffa all'erario con una evasione stimata all'epoca di circa 337 milioni di euro. In quell'indagine oltre all'imprenditore di Ancora i riflettori erano stati accesi anche su un imprenditore calabrese vicino alla ndrangheta che vive ad Aprilia ed è rimasto coinvolto negli ultimi quindici anni in diverse e delicate inchieste e a cui sono stati confiscati beni per 10 milioni di euro.
Vittorio Buongiorno
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