Sveglio e aggressivo l'ascesa del Siciliano

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Giovedì 28 Ottobre 2021, 05:02
L'INCHIESTA
Trentadue anni, nato ad Acireale e trapiantato con la famiglia a Latina. Nel clan Di Silvio, Fabio Di Stefano è il Siciliano. Sposato con Angela Di Silvio è il genero di Giuseppe Romolo, quasi un figlio acquisito di cui il boss mostra di fidarsi ciecamente.
Nell'operazione Scarface è accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso insieme al capo, ai fratello Carmine (zio Sale) e Costantino (detto Costanzo) e ai figli Antonio e Ferdinando. Con i primi del resto condivide un ruolo organizzativo all'interno del gruppo, in posizione immediatamente subordinata a quella di Romolo, con il compito di promuovere riunioni con i membri del clan, risolvere contrasti interni, pianificare le attività criminali e organizzare la distribuzione dei proventi.
BRACCIO OPERATIVO
Con il tempo, la fiducia conquistata lo porterà a diventare luogotenente del clan, il vero braccio operativo del boss che dal carcere può dirigere e dare ordini ma non può gestire direttamente. Così Di Stefano assume di fatto un ruolo chiave in alcune vicende di particolare rilevanza emerse nel corso dell'indagine Scarface, una delle quali riguarda il sequestro di Emilio Pietrobono, soggetto vicino al clan per lo spaccio di stupefacenti.
Il gip rileva come, in quell'occasione, è proprio Fabio di Stefano a dare prova del suo potere decisionale inducendo Pietrobono a consegnargli l'assegno circolare da 12.500 euro relativo al conto intestato alla società Gido Service di Simone Di Marcantonio, persona vicina invece ai Ciarelli.
E' sempre lui poi a guidare la spedizione punitiva nei confronti dell'altro clan rom per liberare il sequestrato, organizzando un gruppo armato pronto ad intervenire, se necessario, anche usando la violenza. Infine, arriva a dirimere la questione partecipando direttamente, insieme al padre Salvatore, a un incontro nell'abitazione di Luigi Ciarelli. La posta è alta, perché in gioco non c'è solo la figura di Pietrobono e il denaro, ma anche la credibilità stessa del gruppo Di Silvio nei confronti dei Ciarelli.
E il Siciliano incassa un successo evitando lo scontro. In molte altre conversazioni intercettate dagli investigatori è lo stesso Romolo a offrire al genero un'investitura ufficiale, attribuendogli il potere di assumere iniziative nello spaccio ed esortandolo a prendere il controllo del territorio. E' emblematico in particolare un dialogo captato dal carcere di Rebibbia in cui Fabio spiega al suocero la difficoltà di lavorare a causa dell'intensificarsi dei controlli delle forze dell'ordine e del fatto che le persone (con riferimenti ai pusher e ai clienti fermati dalla polizia) non sono più fedeli e sono più propense a denunciare: Non ci sta più nessuno in giro. Ma Romolo risponde che ogni giorno ci saranno rischi da affrontare, come quelli che ha affrontato lui quando, nonostante il periodo difficile, è difficile ad accumulare 60mila euro per sostenere la famiglia. Ti devi fare furbo ribadisce Devi tenere tutta la città in mano. E ancora: Ma sii un po' più uomo! Tutti questi ragazzi devono sottostare a te. Tu devi startene seduto e i ragazzi devono portarti i cimari (soldi), come facevo io a casa.
L'EDUCAZIONE
Il ruolo organizzativo del Siciliano è confermato del resto anche da un altro collaboratore di giustizia, Maurizio Zuppardo, che racconta: Romolo si fida di lui perché è una persona aggressiva ed è molto sveglio. Quando Prosciuttino era piccolo, il padre fece in modo che stesse sempre con Di Stefano che avrebbe potuto insegnargli la vita di strada. Si è sempre occupato di droga, almeno dal 2012. Si approvvigiona di cocaina e poi la vende al dettaglio. Inoltre in alcuni casi le persone non zingare non vogliono avere a che fare con gli zingari per l'acquisto di stupefacente perché temono ritorsioni o tassi usurari. In questi casi quindi il contatto avviene con Di Stefano che non è uno zingaro. Il Siciliano è anche proprietario di un locale, il bar Perla Nera che si trova in zona Colosseo, di fronte al Parco Europa, colpito nel marzo scorso da un'interdittiva antimafia per possibili infiltrazioni della criminalità organizzata tendenti a condizionare l'attività di somministrazione di alimenti e bevande di cui è titolare.
Laura Pesino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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