Latina, medici di famiglia pronti a vaccinare ma divisi sui modi: negli studi o alla Asl

Latina, medici di famiglia pronti a vaccinare ma divisi sui modi: negli studi o alla Asl
di Monica Forlivesi
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Martedì 26 Gennaio 2021, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 10:55

In provincia di Latina solo il 15% dei medici di famiglia ha dato la propria disponibilità a somministrare il vaccino anti Covid ai propri assistiti. Un numero che lascia interdetti, ma come, i nostri medici non vogliono vaccinarci? Niente di più sbagliato, almeno nella maggior parte dei casi. E allora come mai solo 60 medici su 400 ha risposto alla manifestazione di interesse proposta dalla Regione Lazio? È evidente che il numero difficilmente può corrispondere alla realtà, visto che i medici di famiglia sono da sempre in prima linea quando si tratta del vaccino antinfluenzale: «Su un milione e mezzo di vaccini effettuati nel Lazio - sottolinea Giovanni Cirilli, medico di Cisterna e segretario provinciale e regionale della Fimmg - un milione e 300.000 li abbiamo fatti noi».

Quindi cosa sta succedendo? «Guardi, avevamo avvisato la Regione che 30 giorni di tempo per la manifestazione di interesse erano pochi, ma semplicemente perché c'è un problema di tipo organizzativo e di gestione del vaccino nel caso dell'anti Covid. Pensi che il giorno dopo la scadenza dell'avviso della Regione hanno aderito 15 medici di Gaeta, credo che oggi siano ben di più rispetto ai primi 60».

Come si possono superare gli ostacoli organizzativi? «Essenzialmente - risponde Cirilli - visto che è impensabile che la Asl porti le fiale negli studi di 400 medici, facendo in modo che il vaccino arrivi in prossimità degli studi, nelle ucp (studi con più medici di famiglia, ndr) che sono una cinquantina, oppure nelle farmacie. Questo la Asl credo possa farlo, detto questo noi dobbiamo fare la nostra parte: ci salviamo solo se si vaccina il 70% della popolazione, l'organizzazione ci deve essere è chiaro, ma non troviamo problemi che a mio avviso sono solo pretestuosi, come quello di essere pagati su base oraria o di voler andare nei centri vaccinali, queste sono scuse».

Non la pensano come Cirilli e la Fimmg, che è il sindacato più rappresentativo, altre sigle, come la Smi, rappresentata in provincia dal dattor Luigi Martini, che ci tiene a sottolineare: «Deve essere chiaro che noi vogliamo vaccinare, anzi, siamo convinti che il nostro ruolo sia fondamentale per una campagna capillare, il problema è l'organizzazione, noi abbiamo consigliato ai nostri iscritti di accettare precisando che siamo disponibili ma non nei nostri studi, bensì nei centri vaccinali messi a disposizione della Asl, è una questione di sicurezza e di organizzazione». Aggiunge: «Mettiamo il caso che io abbia programmato dieci vaccini e un paziente non viene, a chi lo somministro? Noi siamo disposti a vaccinare in Asl con un impegno volontario e su base oraria. Riteniamo che nei nostri studi non ci siano le condizioni di sicurezza, il vaccino non è maneggevole come l'antinfluenzale e dovremmo fare la spola con i centri di stoccaggio per non interrompere la catena del freddo. Abbiamo comunque sottoposto alla Asl le nostre perplessità e sono state in gran parte condivise, ora vediamo cosa succede, di certo noi siamo pronti a fare la nostra parte».

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