Di Silvio, donne specialiste nel reddito di cittadinanza: tutti i raggiri scoperti dai carabinieri

Le donne dei Di Silvio dopo un arresto per droga
3 Minuti di Lettura
Sabato 20 Marzo 2021, 05:07 - Ultimo aggiornamento: 09:34

Sette domande di reddito di cittadinanza, senza i requisiti di legge. Decine di migliaia di euro incassati e che difficilmente lo Stato riuscirà ad avere indietro. Sono quelli percepiti - idebitamente - da appartenenti al clan Di Silvio da giugno dello scorso anno a oggi. Le prime due domande risalgono a ottobre 2019, attraverso il patronato Enac Angela Di Silvio, nota come Stella, moglie di Samuele e nuora di Armando Lallà chiedeva per un nucleo familiare composto da lei, più quindici soggetti dichiarati conviventi, il beneficio. Tra i beneficiari cinque uomini sottoposti a misure cautelari in carcere e quattro donne, compresa se stessa, agli arresti domiciliari, in relazione al procedimento Alba Pontina. Fino a marzo 2020 hanno ottenuto 10.000 euro. Stesso discorso per Genoveffa e Sara Di Silvio che dichiarava tra i beneficiari la stessa, agli arresti domiciliari, più 3 persone, fra cui il consorte Federico Arcieri, detenuto sempre nel procedimento Alba Pontina. Benefici revocati a marzo dello scorso anno.


Altra domanda presentata senza averne i requisiti è quella di Francesca De Rosa, nuora di Lallà, anche lei ai domiciliari per Alba Pontina che si distaccava dal nucleo indicato da Angela nel tentativo di aggirare la precedente revoca e percepire nuovamente il contributo, riuscendo a percepire però solo il mese di novembre, prima del nuovo stop e di una ulteriore denuncia. Subito dopo due nuove domande, presentate da Angela e Genoveffa Sara Di Silvio, per richiedere un ulteriore reddito di cittadinanza. Finita? Neanche per idea. Nel valutare una domanda di marzo 2019 i militari hanno scoperto che Antonietta Di Silvio - allegando la dichiarazione sostitutiva unica di Rossana De Silvio - dichiarava un nucleo composto da sei persone, nessuna delle quali effettivamente residente con lei. Fino ai controlli, però, è riuscita a percepire circa 9.400 euro. Un sistema che avevano messo a punto anche in provincia di Frosinone, rimediando una denuncia anche dai carabinieri di Sora. Altra domanda del 12 febbraio 2020, con la quale Daniele Sicignano - appartenente al clan - aveva chiesto l'assegno pur non avendone i requisiti che prevedono, fra l'altro, la mancanza di misure cautelari personali in atto.
Infine, nel corso degli accertamenti riferiti a Francesca De Rosa, si è scoperto che ha ottenuto una carta di identità elettronica valida per l'espatrio rilasciata dal Comune di Latina attestando falsamente di non averne cause ostative. Durante una perquisizione disposta dalla Procura nella sua abitazione, sono stati sequestrati la carta postale di accredito del reddito e il documento di identità che non poteva essere rilasciato, oltre a documenti necessari per continuare a chiedere il reddito di cittadinanza.
Non si esclude che le donne del clan possano avere avuto agganci nella concessione del reddito non dovuto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA