Latina, l'omicidio di Massimiliano Moro, in tre a giudizio dopo 12 anni

Latina, l'omicidio di Massimiliano Moro, in tre a giudizio dopo 12 anni
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Martedì 18 Gennaio 2022, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 11:49

Dovranno comparire davanti alla Corte di Assise di Latina per rispondere dell'omicidio di Massimiliano Moro, freddato a colpi di pistola nella sua abitazione in largo Cesti nel quartiere Q5 il 25 gennaio 2010, omicidio commesso con metodo mafioso e per finalità di agevolazione mafiosa. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma dopo una lunga discussione ieri pomeriggio ha rinviato a giudizio Simone Grenga, Ferdinando Ciarelli detto Macù e Antongiorgio Ciarelli mentre è stata stralciata per ora la posizione di Ferdinando Pupetto Di Silvio: il suo legale ha infatti chiesto un rinvio per legittimo impedimento e la posizione del quarto imputato sarà discussa nell'udienza del 21 febbraio per poi essere riunificata, se dovesse essere disposto il rinvio a giudizio anche nei suoi confronti, a quella degli altri.

Dopo 12 anni approda in un'aula di Tribunale uno dei delitti della guerra criminale esplosa all'inizio del 2010 fra le famiglie rom Ciarelli-Di Silvio da un lato che in quella occasione si erano alleate - e gruppi non Rom dall'altro per il controllo di una serie di attività criminali. L'uccisione di Moro era stata la vendetta per il tentato omicidio di Carmine Ciarelli, gambizzato davanti a un bar nel quartiere Pantanaccio ma sopravvissuto ai colpi di pistola. Una faida rispetto alla quale non era stato possibile all'epoca mettere insieme elementi sufficienti a inchiodare i responsabili mentre i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Roma, anche grazie alle dichiarazioni di uno dei più recenti collaboratori di giustizia Andrea Pradissitto sono riusciti, con gli investigatori della Squadra mobile, a raccogliere nuovi elementi e a chiudere il cerchio arrestando i presunti responsabili.

Secondo i sostituti procuratori Corrado Fasanelli e Luigia Spinelli l'omicidio di Moro è stata un'azione pianificata e premeditata con predisposizione di uomini e mezzi e numerose armi, una vera e propria esecuzione come ritorsione all'agguato subìto da Ciarelli: una dimostrazione di forza dei clan rom per riaffermare il proprio potere criminale nel capoluogo pontino. «La reazione fu organizzata da Ferdinando Ciarelli detto Macù ha raccontato Pradissitto - che agì d'istinto perché a lui non andava giù che qualcuno avesse sparato a suo padre nel suo territorio.

Diceva che dopo 35 anni in cui i Ciarelli avevano dettato legge non era possibile sopportare tale gesto».

Il gruppo, nella convinzione che fosse stato Moro a colpire Carmine decise di agire subito e la sera del 25 gennaio Simone Grenga e Ferdinando Macù salirono nell'appartamento di largo Cesti mentre Pupetto e Antoniogiorgio Ciarelli attendevano di sotto. Nel processo, la cui data non è stata fissata per un problema del sistema informatico, gli imputati dovranno rispondere di omicidio premeditato aggravato dai motivi abietti, con l'aggravante di avere agito con metodo mafioso.
E.Gan.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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