L'INCHIESTA
Un leader in grado di dirigere e controllare ogni azione criminale,

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Mercoledì 27 Ottobre 2021, 05:02
L'INCHIESTA
Un leader in grado di dirigere e controllare ogni azione criminale, un vero capo nel pieno esercizio delle sue funzioni, che i lunghi anni di detenzione in carcere non hanno mai scalfito. Giuseppe Romolo Di Silvio, classe '66, è lo zingaro anziano che riceveva i suoi sodali su una sedia altissima come Scarface, dopo averli perquisiti per non far entrare telefoni in casa. E' colui che ha partecipato alla guerra criminale del 2010 e che, con una condanna a 25 anni di reclusione per l'omicidio di Fabio Buonamano, dal carcere di Rebibbia non ha mai smesso di impartire ordini, di prendere decisioni, di organizzare il suo gruppo e gestire gli affari di famiglia attraverso il suo braccio operativo sul territorio, il genero Fabio Di Stefano, il Siciliano, di cui si fidava come fosse un figlio.
SOTTO SCHIAFFO
E' a lui dunque che fa capo il gruppo che negli anni a Latina ha continuato ad operare attraverso estorsioni, spaccio di droga, intimidazioni, in una sequenza senza fine di azioni criminali che hanno tenuto sotto scacco grosse fette del territorio. Le operazioni Caronte e Alba Pontina sembravano aver sgominato i vertici del clan, ma l'esercizio di quel potere, consolidato dall'omertà e dalla paura delle vittime, è rimasto sostanzialmente intatto. Così, di volta in volta, commercianti, imprenditori, ristoratori e privati cittadini, hanno piegato ancora la testa e accettato, preferendo spesso pagare e tacere. L'operazione Scarface, condotta dalle squadre mobili di Latina e di Roma e dal Servizio centrale operativo della polizia di Stato, ha portato all'arresto di altre 33 persone chiudendo il cerchio su alcuni vecchi episodi criminali e facendo luce su una lunga serie di altri episodi inediti e mai denunciati che offrono l'ulteriore prova della forza intimidatrice della famiglia Di Silvio. Le accuse sono di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, spaccio di droga, furto, detenzione e porto abusivo di armi. Tutti reati aggravati dal metodo mafioso e da finalità di agevolazione mafiosa. Nelle oltre 300 pagine di ordinanza firmata dal gip del tribunale di Roma Rosalba Liso, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, compaiono dunque le estorsioni ai gestori di locali, le intimidazioni per debiti di droga, le piazze di spaccio della movida del capoluogo gestite dai sodali dell'organizzazione, i sequestri di persona, le minacce con le armi e poi le vecchie abitudini della famiglia rom di acquistare merce senza pagare, di consumare cene in ristoranti costosi presentandosi semplicemente come i Di Silvio.
IL GARANTE
E' Romolo che gestisce tutto. Lo fa dal carcere (da quando è stato intercettato nel 2019) e probabilmente lo ha sempre fatto da quando è detenuto, riunendo periodicamente familiari e associati nell'area verde della casa circondariale di Rebibbia: impartisce disposizioni sulle modalità di realizzazione delle estorsioni e sulla distribuzione dei profitti, gestisce i contrasti con altre organizzazioni, pianifica e coordina ogni attività. E al genero dice chiaramente che deve tenere tutta la città in mano, suggerendo quindi di conquistare sempre maggiore potere. Con questa operazione si riavvolge il nastro spiega il vicequestore Giuseppe Pontecorvo, dirigente della squadra mobile di Latina Giuseppe Romolo è un personaggio di spessore criminale elevato e pienamente in funzione come dimostrano le nostre indagini. Riteniamo che sia lui il vero vertice della famiglia e che Armando Lallà si sia inserito nel 2018 approfittando di un vuoto lasciato dopo l'operazione Caronte. Uno dei punti focali in cui il clan concentrava l'attività criminale del clan, con particolare riferimento all'attività di spaccio spiega ancora il questore Michele Spina era la zona della movida ma dalle indagini emerge anche la gestione delle piazze di spaccio di Sezze, Priverno e Pontinia. Si tratta dell'ennesima operazione e dell'ennesimo colpo inferto a questo gruppo mafioso che punta a disarticolare il potere della famiglia sul territorio.
Laura Pesino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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