«Intuito, hi-tech e lavoro», così la polizia scientifica riesce a risolvere i gialli

«Intuito, hi-tech e lavoro», così la polizia scientifica riesce a risolvere i gialli
di Vittorio Buongiorno
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Mercoledì 28 Settembre 2022, 10:05

«I primi istanti sono fondamentali, è lì che serve l'occhio, l'intuito». Martina Torta, 36 anni, commissario capo della Polizia Scientifica non ha dubbi. Palermitana, a Roma dirige la terza sezione della prima divisione: Analisi investigativa scena del crimine. Ieri mattina era in Questura a Latina con i colleghi del Gabinetto provinciale della scientifica. Le serie Csi hanno reso familiare il lavoro dei poliziotti americani che investigano le scene del crimine, ma come sempre la realtà è un po' diversa. «Ma lì manca la fatica e il sudore, non è che arrivi, scatti due foto, metti due contrassegni ed è finita. Le cose sono molto più complesse».
«Non improvvisiamo, ci sono protocolli rigidi», dice il sostituto commissario Giovanni Milanese responsabile a Latina del gabinetto provinciale della Scientifica. «Quando entriamo sulla scena del crimine sappiamo esattamente quello che c'è da fare, ma la prima cosa è osservare. Il primo sguardo dell'operatore spesso fa la differenza».
Ci sono i sopralluoghisti, i dattiloscopisti, gli esperti di laboratorio (chimici, biologi, informatici), ciascuno ha la sua specialità. «Ma l'istinto nel nostro lavoro continua ad avere la sua importanza» racconta Martina Torta. «Come in un caso di furto, non c'erano impronte. Non si trovavano. Poi il collega si è ricordato un particolare, il padrone di casa aveva raccontato che i ladri erano entrati senza accendere la luce. Ha immaginato che si fossero mossi a tentoni e ha cercato sul muro. Le impronte erano lì».

LE DIFFICOLTA'
Certo, raccoglierle è stato complicato. «Non è mai semplice» racconta il commissario Torta. «Intanto non si trovano impronte ma frammenti, il nostro ordinamento prevede che vengano trovate almeno 16 minuzie valide per essere utili a un confronto». Quei frammenti vanno esaltati, fotografati e solo a quel punto possono essere inseriti nella banca dati (l'A.F.I.S., acronimo inglese di Automatic Fingerprints Identification System) per trovare un riscontro.
«Un tempo erano i dattiloscopisti a fare tutta la ricerca, ci volevano giorni, ora ci pensano i computer. Ma la componente umana serve - raccontano i poliziotti - tocca ai dattiloscopisti esaminare la lista di candidati proposta dal computer. E' l'occhio umano che fa la differenza».
Poi ci sono le immagini. Anche qui c'è una banca dati, attiva dal 2016, il SARI (acronimo di Sistema Automatico di Riconoscimento Immagini) per individuare un soggetto partendo ad esempio da un volto ripreso da una telecamera di sorveglianza. «Anche in questo caso il sistema offre una lista di candidati con uno score di compatibilità - racconta Martina Torta - Ma la qualità dell'immagine di partenza è fondamentale».
Scordatevi però quello che vedete nelle serie tv, l'acquisizione delle immagini è complessa soprattutto dal punto di vista burocratico, serve un mandato e poi spesso e volentieri la qualità dei video lascia a desiderare. «Ma sono utili lo stesso, possono rivelare la statura o anche solo gli abiti indossati da un soggetto - racconta Milanese - che poi magari vengono rinvenuti durante una perquisizione».
Ancora più complesso il capitolo delle tracce biologiche. «Negli anni 80 era possibile rilevare il gruppo sanguigno da una traccia di sangue. E' stato l'inizio» spiega la commissaria Torta. Poi è stato scoperto il Dna e da allora per l'individuazione del profilo genetico ai fini di una comparazione con la banca dati è sempre più rapida e più precisa. «Fondamentale non solo per le indagini attuali, ma ancora di più per i cold case». I vecchi casi che vengono riaperti trattando i reperti con i nuovi strumenti a disposizione. «Certo, devono essere ben conservati».
Quanto alle scene del crimine dei giorni nostri il problema è sempre trovare le tracce latenti. «Prendete il luminol, è un reagente che va preparato, bisogna decidere come usarlo, se ne usi poco non vedi, se ne usi troppo rovini. Se usi un compressore devi stare attento che non sia arrugginito perché la ruggine interferisce con i risultati. E poi devi essere rapido a fotografare le tracce che emergono, sapendo che non hai altre possibilità».
LA REALTA' VIRTUALE
Una novità è la ricostruzione in 3D delle scene del crimine. A Latina è stata usata in un paio di casi, uno dei quali già arrivato al dibattimento. Meno eclatante ma utilissimo anche il software che consente di redigere i verbali di sopralluogo in modo preciso e standardizzato allegando foto ed elenchi dei reperti. E' una delle tante cose che nelle serie tv non si vedono ma che nelle indagini vere aiutano a fare la differenza, insieme all'intuito dei poliziotti e a tanto lavoro.
Vittorio Buongiorno
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