Latina, il presidente dell'Isola che non c'è: «La zona arancione ci sta mettendo definitivamente ko»

Latina, il presidente dell'Isola che non c'è: «La zona arancione ci sta mettendo definitivamente ko»
di Francesca Balestrieri
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Giovedì 21 Gennaio 2021, 05:01 - Ultimo aggiornamento: 10:56

L'entrata nella zona arancione sta mettendo definitivamente ko la categoria della ristorazione. Bar, pub e ristoranti non riescono a vedere, ora come ora, la luce in fondo al tunnel per diversi motivi. «La situazione si è molto aggravata con la zona arancione spiega Massimo Ceccarini, presidente dell'associazione Isola che non c'è che raccoglie la maggior parte dei locali del centro di Latina queste restrizioni praticamente non ci permettono più di lavorare complicandoci notevolmente la vita. Già in zona gialla con la chiusura alle ore 18, i fatturati erano calati del 30%, ora lavoriamo intorno al 60% in meno di incassi e c'è anche chi guadagna zero perché ha deciso di non riaprire».


Al problema dei mancati incassi si aggiunge anche quello dei ristori: «Da parte dello Stato non abbiamo avuto ristori adeguati e questo ci fa pensare che siamo un po' le vittime del sistema, quelli che stanno pagando il prezzo più alto». Il perché è presto detto: «Abbiamo visto anche durante le feste di Natale, l'Italia è stata praticamente sempre in zona rossa, quindi i locali sono stati chiusi, ma i contagi nella prima decade di gennaio sono aumentati. Ci troviamo in pratica senza incassi, con più contagiati e con un futuro molto incerto». E la luce in fondo al tunnel non si vede perché «i ristori non sono sufficienti per andare avanti, gli incassi non sostengono neanche le spese fisse e notiamo molta confusione anche da parte di chi dovrebbe dare delle indicazioni certe, in questi mesi, con tutti i Dpcm ci hanno fatto adeguare mettendo in sicurezza i locali, poi la riduzione dei tavoli, poi la chiusura, significa che siamo tornati indietro e non c'è stata chiarezza».
Il numero dei contagi che continua a salire, secondo Ceccarini vuol dire semplicemente che «non siamo noi la causa. Se guardiamo alla scorsa estate, quando abbiamo potuto riaprire senza limitazioni di orario, tutti questi contagi non c'erano, quindi essendo osservatori e parte in causa ci sentiamo notevolmente danneggiati». Quello che chiedono i ristoratori è una decurtazione o un rinvio nel pagamento delle tasse e ristori adeguati: «Per il danno enorme che è stato creato. Senza dimenticare la cassa integrazione per i nostri dipendenti che ancora non vendono un euro, molto di noi infatti stanno anticipando le somme perché non si può lasciare un lavoratore senza stipendio per così tanti mesi. Il rischio è che quando tutto ripartirà tante saracinesche non si rialzeranno e per tornare a una normalità lavorativa ci vorranno diversi anni».

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