Omicidio di Sabaudia, il killer: «Quando sono arrivato lì non ci ho visto più, non so perché l'ho fatto»

Omicidio di Sabaudia, il killer: «Quando sono arrivato lì non ci ho visto più, non so perché l'ho fatto»
di Elena Ganelli
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Martedì 18 Aprile 2023, 14:57

Ha confessato di avere sparato al nuovo compagno della sua ex spiegando di averlo fatto in un momento in cui «non ci ho visto più» ma ha anche detto di essersi pentito. Riccardo Di Girolamo, l'uomo di 33 anni accusato della morte del 31enne Marco Gianni, ieri mattina è comparso davanti al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina Giuseppe Cario per l'interrogatorio di convalida e ha risposto alle domande del magistrato ammettendo le sue responsabilità. «Sono stato io» ha dichiarato nel corso dell'interrogatorio di convalida al quale era presente anche il sostituto procuratore Daria Monsurrò, titolare dell'indagine con la quale all'indagato viene contestato l'omicidio premeditato.


L'uomo, assistito dagli avvocati Gaetano Marino, Massimo Frisetti e Alessandra Piscopo, ha spiegato che tra lui e la sua ex compagna c'era in sospeso una questione sul mantenimento dei due figli della coppia e di essersi recato nell'azienda del nuovo compagno della donna dove ha perso lucidità e imbracciato le armi. «Sono pentito e sono pieno di rimorso per quello che ho fatto ha detto al giudice e sono disposto a pagare con il carcere per il mio gesto.

Quando sono arrivato non ci ho visto più e alla fine ho sparato». Piena confessione dunque anche sulla proprietà delle armi utilizzate per uccidere Gianni all'esterno dell'azienda florovivaistica di Borgo San Donato di proprietà della famiglia del giovane: due dei suoi fucili, regolarmente detenuti, che i carabinieri hanno rinvenuto nella sua auto: con quelli l'uomo ha sparato cinque volte avendo gli investigatori ritrovato a terra i bossoli.


LA RICOSTRUZIONE
Secondo la ricostruzione i primi colpi sono stati esplosi probabilmente dall'interno dell'auto con un fucile a canne mozze e hanno colpito la vittima al gluteo, gli altri, mortali, sono stati sparati invece da un fucile semiautomatico calibro 22 quando l'omicida era già sceso dalla vettura e hanno raggiunto la vittima al torace e alla nuca determinandone la morte.


A Riccardo Di Girolamo gli investigatori sono risaliti in poco tempo: ad incastrarlo innanzitutto sono state le prime testimonianze raccolte tra familiari e amici dalle quali è emerso il difficile rapporto tra l'uomo e la sua ex compagna, aggravato dalla relazione di lei con Marco Gianni. Poi le riprese dell'auto dell'omicida, una 500 L, ripresa da alcune telecamere di sorveglianza mentre transitava nella zona proprio nelle ore nelle quali era stato commesso l'omicidio. Così venerdì per l'operaio di 33 anni che vive a Pontinia è stato disposto il fermo di polizia. L'accusa nei suoi confronti è quella di omicidio volontario con l'aggravante della premeditazione.
L'uomo appena arrestato, è stato bloccato dai carabinieri quando è arrivato a casa, ha pronunciato solo poche parole: «Avrei dovuto farlo prima». Poi il silenzio, anche la sera stessa davanti al sostituto procuratore Daria Monsurrò, si avvalso della facoltà di non rispondere. È rimasto in silenzio fino a ieri mattina quando nell'interrogatorio da parte del giudice per le indagini preliminari ha deciso invece di rispondere alle domande e ammettere tutto oltre che dichiararsi pentito del suo drammatico gesto che ha privato della vita il giocatore di pallamano, Gianni militava infatti nel Gaeta ed faceva parte come allenatore della Cassa Rurale Pontinia. A conclusione dell'interrogatorio il gip ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere. Per ora la difesa non ha presentato istanze per ottenere misure cautelari più lievi e stata valutando se presentare ricorso al Tribunale del Riesame.
 

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