Latina, il capo della Mobile Pontecorvo: «Guerra ai clan, da sole le inchieste non bastano»

Latina, il capo della Mobile Pontecorvo: «Guerra ai clan, da sole le inchieste non bastano»
di Elena Ganelli
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Domenica 21 Marzo 2021, 05:03 - Ultimo aggiornamento: 13:36

Se pensiamo di poter sconfiggere i clan locali soltanto con le attività repressive e le operazioni di polizia abbiamo già perso in partenza la battaglia: i gruppi criminali a Latina si cibano, come hanno dimostrato le indagini, di omertà, sudditanza psicologica e soggezione, rifiuto di collaborare con le istituzioni, una subcultura mafiosa che va scardinata per non rendere inutile il lavoro investigativo che stiamo facendo. Un messaggio chiaro quello che il dirigente della Squadra mobile di Latina Giuseppe Pontecorvo lancia nel corso dell'evento in streaming organizzato in occasione della XXVI Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, dal Comune di Latina con il patrocinio di Avviso Pubblico. Un dibattito al quale hanno partecipato il vice Sindaco e Assessora alla Sicurezza Maria Paola Briganti, il sociologo e scrittore Marco Omizzolo, don Francesco Fiorillo, referente di Libera Contro le Mafie per la provincia di Latina e Roberto Montà, presidente di Avviso pubblico, rete nazionale degli enti locali antimafia.


«Qui ci sono una serie di organizzazioni strutturate sul territorio spiega Pontecorvo a base familiare, autoctone e senza alcun collegamento con le mafie tradizionali». Lo definisce un caso senza precedenti quello dei gruppi rom che governano il territorio con comportamenti in pieno stile mafioso, capaci di mettere a segno un attentato la gambizzazione di Carmine Ciarelli del 2010 innescando una serie di omicidi e attentati proprio come accade in Calabria o in Sicilia. Latina è la città racconta ancora il vice questore dove il vuoto lasciato da alcuni gruppi viene immediatamente occupato da altri che si aggiudicano il monopolio di attività criminali.

E Alba Pontina, che nel 2018 ha portato chiaramente alla luce l'esistenza di un clan locale, non è la fine ma l'inizio perché ha aperto uno squarcio. In città di questi clan si sono serviti politici e imprenditori, i loro metodi sono assurti a quotidianità: commercianti, professionisti e semplici cittadini hanno subìto senza denunciare le angherie e i soprusi figli di questo sistema da parte di persone il cui poter di intimidazione neppure il regime carcerario sembra avere scalfito.


Oggi le inchieste portate avanti dalla Procura e dalla Squadra Mobile sembrano avere quasi azzerato i vertici dei clan locali ma questo è vero soltanto in parte. Perché appena poche settimane fa un video diffuso sui canali social inneggiava al poter dei clan auspicando la liberazione di coloro che sono detenuti.


«Bisogna prendere coscienza della realtà ammonisce il capo della Mobile noi abbiamo eseguito numerose operazioni e ne porteremo a termine molte altre ma la sconfitta vera di queste organizzazioni passa attraverso il concorso di tutti: non è un problema di polizia o almeno non solo questo: fino a quando ci saranno omertà e soggezione non saremo in grado di scardinare del tutto questo sistema. Io ho fatto una scelta di vita professionale ma questa deve essere una scelta di vita per tutti».

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