Da tecnico delle luci giramondo a prendersi cura degli altri, la risposta di Giovanni alla disoccupazione

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Domenica 24 Gennaio 2021, 05:01
IL PERSONAGGIO
La pandemia sarà lo spartiacque nell'esistenza di molti. Ci sarà un prima e un dopo per tutti.
Ed è così per Giovanni Oliveto, oggi volontario dell'associazione Istituto per la famiglia e fino a dieci mesi fa lavoratore dello spettacolo, tecnico luci con una lunga esperienza al teatro di Latina ed esperto di video e montaggio di ledwall nei concerti, nei teatri e nelle fiere in Italia e all'estero.
Il 4 marzo del 2020 tornava dal Salone dell'auto di Ginevra dopo una lunga trasferta e da quel momento è rimasto di fatto disoccupato. Cinquantaquattro anni, due figli e una moglie, una vita trascorsa sempre in viaggio, senza orari, lavorando anche 15 ore al giorno. E poi più niente.
Il covid ha spazzato via tutto. «A questa età mi sono ritrovato buttato su un divano per 24 ore racconta Gianni con l'angoscia di non poter contribuire alle spese della famiglia, proprio io che mi sono sempre dato da fare fin da giovanissimo. Dopo un po' in me è scattata una molla. Mi sono iscritto di nuovo all'università per terminare quel percorso di studi in Sociologia che avevo abbandonato tanti anni fa e ho fondato un'associazione culturale, Sipari connessi, con cui voglio creare eventi per la mia città e dar voce ai giovani. Grazie a tutto questo ho incontrato l'associazione Istituto per la famiglia e ho deciso di mettermi a disposizione di un mondo che mi era completamente sconosciuto, quello del sociale. Per la prima volta mi sono detto: voglio rendermi utile per gli altri e in questo momento quelli che hanno più bisogno sono i malati di covid. Ho sfidato ogni timore e sapendo di poter contare sull'appoggio di mia moglie Flavia e dei miei figli, ho cambiato vita».
I SERVIZI
Ha cominciato facendo assistenza al cimitero durante le visite contingentate o prestando servizio negli ambulatori medici durante la vaccinazione antinfluenzale, poi è arrivato il progetto legato all'ospedale Goretti, mettendo in contatto attraverso un tablet i pazienti con i loro familiari, a contatto con la malattia e la sofferenza, partito nei giorni scorsi.
«Sono felice di essere qui dice ancora e di poter dare il mio contributo. Ora non potrei più tornare indietro, ho cambiato palcoscenico, ho visto una realtà più cruda e più dura e non è detto che, anche quando tutto questo sarà finito, tornerò a fare quello che facevo prima».
La.Pe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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