Covid, parla la dirigente: «Così il pronto soccorso ha affrontato l'emergenza»

Rita Dal Piaz
di Laura Pesino
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Domenica 28 Febbraio 2021, 05:02 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 12:14

 Quando è arrivata, a metà dello scorso agosto, i contagi in provincia tornavano a salire e di lì a poco la situazione era già tanto preoccupante da rendere necessaria una nuova riorganizzazione dell'ospedale. Rita Dal Piaz, da sei mesi dirigente del pronto soccorso del Goretti di Latina, ha affrontato il pieno della seconda ondata, il picco dei ricoveri, le ambulanze in coda davanti all'ingresso, decine di malati che arrivavano tutti nello stesso momento. Travolti da quest'onda l'ospedale e il pronto soccorso si sono rapidamente trasformati: interi reparti sono stati convertiti in covid molto più di quanto non fosse accaduto nelle prime fasi della pandemia, mentre l'organizzazione del pronto soccorso è stata rimodulata di volta in volta sulla base delle necessità. Ora la situazione è ben diversa da quella di due mesi fa ma la presenza di cluster, unita al rischio della diffusione di varianti, determina una condizione che è potenzialmente in continua evoluzione e che può rapidamente contribuire a mutare il quadro. «Siamo pronti all'eventuale terza ondata spiega la Dal Piaz perché nel tempo abbiamo messo in atto tutte le procedure che consentono ora di essere elastici in qualsiasi situazione. È come se avessimo applicato i processi che scattano per gli eventi con massiccio afflusso di feriti. La struttura del pronto soccorso è praticamente modulare e siamo in grado con velocità di trasformare i posti non covid in posti covid». La dirigente spiega che alla fine del mese di settembre si era arrivati a gestire l'arrivo di 10 positivi insieme, poi aumentati a oltre 30 contagiati in una sola giornata.

 


PERCORSI DISTINTI
«Il primo passaggio puntualizza è stato dividere gli accessi con percorsi distinti tra covid e pazienti che arrivavano con altre patologie. Il Dea di Latina doveva rimanere legato ai pazienti tempo dipendenti, per traumi, ictus o infarti, ma nella prima ondata il lockdown aveva contribuito a ridurre drasticamente gli accessi: per esempio non c'erano incidenti stradali e non avevamo ingressi per politraumi. Poi abbiamo dovuto riorganizzare tutto, avendo però la fortuna logistica di un pronto soccorso circolare che ha reso più facile l'individuazione di un'area cosiddetta sporca' e di una pulita'. Per fare una proporzione, nel pieno della seconda ondata su 80 pazienti in pronto soccorso solo 20 non erano covid. Il periodo più critico spiega ancora è stato dalla metà di novembre fino alla fine di dicembre».
ORGANIZZAZIONE MILITARE
Come si è riusciti a gestire il flusso costante di ambulanze che ha raggiunto il picco proprio nei mesi scorsi? «Con un'organizzazione quasi militaresca aggiunge Abbiamo individuato un infermiere che si occupava dei flussi, controllava in ogni ambulanza lo stato del paziente e con una radiotrasmittente garantiva una comunicazione tempestiva tra dentro e fuori. Abbiamo avuto giornate e nottate con situazioni veramente critiche. Non è il numero di pazienti che spaventa un pronto soccorso, ma la tempistica». Da allora i pazienti covid sono via via diminuiti e ora gli accessi si sono stabilizzati intorno a 10 al giorno per quanto riguarda i contagiati. «Non sono un'epidemiologa conclude ma potrei dire in base ai dati che siamo di fronte a una coda della seconda ondata. Le varianti però possono cambiare tutto».
Laura Pesino
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