"Soli", il documentario che racconta la pandemia e la zona rossa a Fondi

"Soli", il documentario che racconta la pandemia e la zona rossa a Fondi
di Mirko Macaro
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Venerdì 9 Aprile 2021, 05:03 - Ultimo aggiornamento: 08:46

 Un documentario sul Covid a Fondi. Pensato per tratteggiare l'incedere dell'emergenza sanitaria in una delle prime zone rosse d'Italia, ma soprattutto per sensibilizzare su uno degli effetti troppo spesso sottovalutati del contagio: la solitudine. Sia quella dei pazienti, in innumerevoli occasioni impossibilitati ad avere conforto umano, che quella dei loro familiari, lontani e in non pochi casi quasi ghettizzati, come fossero degli untori. Una tematica che emerge già dal titolo dell'opera, Soli, pubblicata via social raccogliendo in una manciata di giorni migliaia di visualizzazioni e condivisioni. L'autore è un filmmaker 30enne, Antonio Annunziata. Il suo obiettivo ha immortalato diverse testimonianze dirette; racconti personali, sensazioni, dolori. Pezzi di vita nel segno del virus e della soffocante sensazione di isolamento che si porta dietro.

Nel documentario si dà voce a una delle figlie di Aldo De Filippis, tra le prime vittime del Covid e individuato come il presunto paziente zero. Ci sono le parole di una psicoterapeuta, che ha raccontato un'esperienza tanto professionale quanto personale, essendo stata a suo tempo contagiata. Ulteriori, toccanti testimonianze sono poi quelle del fratello e della figlia di Gianni Mangione, un'altra vita spenta prematuramente dalla pandemia. Volti, parole e storie che toccano nel profondo. Ponendo appunto l'accento sulla solitudine: «Voglio far conoscere aspetti che rischiano di passare in sordina», spiega Annunziata. «Entrare in un'ambulanza, vivere il ricovero, andarsene da soli, senza l'opportunità di stringere la mano di chi si ama. Mi vengono i brividi. Come vengono pensando alle famiglie dei malati. Oltre a vedersi strappare gli affetti, a volte si trovano addirittura emarginate». Mentre il virus continua a contagiare e uccidere. «In giro vedo tanta superficialità», sottolinea il giovane regista.
Mirko Macaro
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