Chirurgia spinale, record di interventi per il gruppo Giomi

Il neurochirurgo Carmine Franco
di Giovanni Del Giaccio
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Domenica 16 Gennaio 2022, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 09:51

Non c'è Covid che tenga. O quasi, perché salvo piccole interruzioni si è operato sempre e i numeri - ma anche la qualità degli interventi - sono lì a dimostrarlo. Il 2021 si chiude con circa mille operazioni di chirurgia spinale e il gruppo Giomi è il primo nel Lazio, superando anche il Gemelli, e secondo in Italia dietro l'Humanitas di Milano. Per gli interventi sulla colonna vertebrale, ormai, l'Icot e gli altri ospedali del gruppo sono un punto di riferimento.
Un'attività che l'Icot di Latina e il Cristo Re di Roma avevano avviato da tempo, con i medici Vittorio Nardi, Alessio Fazio e Armando Bottiglia, ma che è stata incrementata con l'arrivo - tre anni fa - di Carmine Franco dal Santa Maria Goretti.
Il medico ha portato la chirurgia spinale alla clinica Sant'Anna di Pomezia (250 interventi l'anno, partendo da zero) e incrementato l'attività dell'istituto del capoluogo pontino. Solo lui, infatti, ne ha svolti 400 nel corso del 2021 all'Icot.

«Grazie alla disponibilità della proprietà e di tutti i colleghi - spiega Carmine Franco - facciamo cinque interventi in ciascuna delle due sedute fisse a settimana, poi abbiamo anche due sabati a disposizione». Il numero di interventi e i pazienti che diventano cassa di risonanza fanno sì che l'Icot sia diventato un punto di riferimento a livello nazionale. Arrivano pazienti da altre regioni, in particolare dalla Campania e dalla Calabria, ma anche dal centro Italia. Quella che in una struttura pubblica sarebbe la mobilità attiva, per intenderci. Tecniche utilizzate? «Sia a cielo aperto, quando si tratta di casi che ne hanno bisogno, sia mini invasive - aggiunge Franco - dipende dalla condizione nella quale si trova il paziente» Tra questi anche persone ultranovantenni che grazie alla chirurgia di precisione tornano a camminare, per esempio. Chi subisce l'intervento con tecniche mini invasive, invece, tornano in piedi il giorno dopo e iniziano la riabilitazione che consente di accorciare i tempi di ripresa. Ma cosa è cambiato nel corso degli anni per gli interventi alla colonna vertebrale. Chi arriva a essere operato rispetto al passato? «Si è notevolmente abbassata l'età media - dice ancora il neurochirurgo - vuoi per lo stile di vita che si conduce, vuoi per la diagnosi precoce che oggi è possibile grazie alla risonanza magnetica usata molto più frequentemente». E un paziente che teme di avere qualcosa alla schiena, cosa deve fare? «Rivolgersi al medico di base che lo indirizzerà allo specialista, con il quale si valuterà l'esame diagnostico e se c'è o meno la necessità di un intervento». Il Covid non ha fermato l'attività, di fatto, ma è ancora uno spauracchio e ci sono prestazioni che continuano a essere rimandate. Come avete fatto a operare senza sosta? «Attuando i protocolli, il tampone prima di entrare e quello all'uscita, ma anche l'attenzione all'interno della struttura. Questo ha consentito di lavorare tranquilli noi e di non creare ansie ai pazienti. Non è mai successo, fra l'altro, che qualcuno entrasse negativo e diventasse positivo in ospedale e questo è una garanzia per tutti».
Giovanni Del Giaccio
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