La giudice Castriota interrogata per due ore: «Non sono corrotta»

Gli atti sono stati secretati al termine del confronto, i difensori della gip e del commercialista Silvano Ferrero hanno chiesto gli arresti domiciliari

La giudice Castriota interrogata per due ore: «Non sono corrotta»
di Elena Ganelli
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Martedì 25 Aprile 2023, 11:43

Hanno deciso di rispondere alle domande del magistrato e lo hanno fatto a lungo, spiegando la loro posizione e contestando le accuse a loro carico il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina Giorgia Castriota e il commercialista di Roma Silvano Ferraro, arrestati giovedì scorso per corruzione, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere utilità.


Ieri mattina nella Capitale si sono tenuti gli interrogatori di garanzia dei due indagati i cui verbali sono stati secretati dagli inquirenti. Ad essere ascoltato per primo il consulente Ferraro, assistito dall'avvocato Leone Zeppieri: in oltre due ore di interrogatorio il professionista ha sottolineato davanti al gip di Perugia Natalia Giubilei, che ha firmato l'ordinanza cautelare, e al sostituto procuratore Gennaro Iannarone titolare dell'indagine, che non c'è alcuna ipotesi di reato ed ha fornito la sua versione. Poi è stata la volta del giudice Giorgia Castriota, detenuta nel carcere femminile di Rebibbia. Anche lei, assistita dagli avvocati Giuseppe Valentino e Paolo Zeppieri, ha parlato rispondendo per quasi due ore alle domande dei magistrati e fornendo la sua versione della vicenda giudiziaria nella quale è coinvolta.


LA RICOSTRUZIONE
Cosa ha detto la gip? Le informazioni sono scarne perché gli atti sono secretati. La giudice Castriota avrebbe sostenuto davanti alla collega di Perugia che i fatti contestati non sono episodi di corruzione, tantomeno di corruzione in atti giudiziari. Non avrebbe negato le dazioni di denaro, ma avrebbe fornito una spiegazione su quei passaggi di denaro.
Secondo gli investigatori della Guardia di finanza di Perugia che hanno portato avanti gli accertamenti con il coordinamento della Procura umbra guidata da Raffaele Cantone, Castriota e Ferraro, con la partecipazione di Stefania Vitto, finita agli arresti domiciliari, avrebbero costruito un gruppo ben strutturato che «si è mosso al fine di conferire incarichi al secondo o, comunque, ad amici compiacenti disposti a nominarlo, al fine di percepire compensi, se effettivamente legittimi e dovuti per la totalità è da verificare, in procedure capienti nelle quali "c'è una marea di sordi" da spartirsi». L'accordo oggetto dell'indagine della Procura di Perugia era di riversare una parte dei soldi «a Castriota, che quelle nomine ha favorito ed avallato, in completa violazione di legge ed in esecuzione di un disegno criminoso ben delineato, che suggerisce l'esistenza di uno schema collaudato che va avanti da anni».
Il magistrato dunque per gli inquirenti faceva un uso distorto della propria funzione per perseguire tale obbiettivo: sequestri originari, emessi ragionevolmente in maniera legittima e sulla base dei presupposti di legge, o almeno non vi sono allo stato delle indagini elementi per affermare il contrario, hanno costituito l'occasione per porre in essere le successive condotte delittuose, a cominciare dalle nomine di favore.

Due versioni quindi contrapposte.


L'ISTANZA DEI LEGALI
Ferraro, che aveva una relazione sentimentale con il gip del Tribunale di Latina, la «coadiuvava nella attività di gestione della procedura ne indirizzava l'attività giudiziaria rivelandosi determinante nel conferimento di incarichi, rivolgendosi ad amici di vecchia data sollecitando le liquidazioni in favore dei professionisti raccomandati, ricavandone cospicue utilità».
A conclusione degli interrogatori di garanzia i legali di Giorgia Castriota e Silvano Ferraro hanno depositato un'istanza con la quale hanno chiesto per i loro assistiti gli arresti domiciliari, istanza sulla quale il gip di Perugia si è riservato di decidere. Il 27 sarà sentita Stefania Vitto.
 

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