Nell'azienda agricola lavoratori come schiavi, indagati i titolari

Nell'azienda agricola lavoratori come schiavi, indagati i titolari
di Elena Ganelli
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Martedì 21 Dicembre 2021, 05:02 - Ultimo aggiornamento: 08:21

 Una nuova operazione contro il caporalato è stata portata a termine dalla Guardia di finanza che ha scoperto come in un'azienda agricola i braccianti di nazionalità indiana venivano non soltanto sfruttati ma costretti a vivere in condizioni di assoluto degrado. L'operazione, coordinata dal procuratore aggiunto di Latina Carlo Lasperanza e dal sostituto Giuseppe Miliano, ha interessato un'azienda agricola del settore florovivaistico e ha consentito di accertare come l'impresa abbia impiegato, nel corso degli ultimi due anni, complessivamente 96 lavoratori in condizioni di assoluto sfruttamento e prevaricazione, trattati come schiavi.


Le condizioni di lavoro ed i metodi di sorveglianza pressanti e degradanti, attuati dai due indagati titolari dell'azienda - nei confronti dei quali sono state emesse misure cautelari per sfruttamento della manodopera irregolare e un sequestro preventivo - sono stati tali da generare nei lavoratori stranieri costantemente provati da un profondo stato di bisogno e dalla necessità, spesso, di mantenere economicamente le famiglie d'origine un totale assoggettamento psicologico al datore di lavoro. In alcuni casi, infatti, i braccianti sono stati costretti a rinunciare al riposo settimanale e alla fruizione delle ferie. Le Fiamme Gialle hanno, inoltre, ricostruito l'illecito profitto accumulato dall'impresa grazie alla sfruttamento del lavoro: in particolare da ottobre 2019 a maggio 2020, l'impresa ha beneficiato di un guadagno illecito, corrispondente alle retribuzioni non corrisposte, quantificato in oltre 123mila euro. In relazione agli esiti degli accertamenti il magistrato ha disposto quindi il divieto di dimora nell'intera provincia di Latina per i soggetti coinvolti, due italiani cotitolari dell'azienda agricola, oltre al sequestro preventivo per equivalente dell'importo di 123mila euro pari all'illecito profitto del reato. Lo sfruttamento dei braccianti agricoli, oltre a consentire indebiti vantaggi sul piano previdenziale, formativo e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ha consentito all'azienda agricola di risparmiare sensibilmente sul costo della manodopera - a discapito delle fasce più deboli - e di attuare una grave concorrenza sleale in danno degli altri operatori economici onesti.
Elena Ganelli
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