Il miracolo di Vincent nato da una mamma con l'utero trapiantato

Il miracolo di Vincent nato da una mamma con l'utero trapiantato
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Domenica 5 Ottobre 2014, 06:13
LA RICERCA
ROMA Due anni fa il trapianto di utero, la scorsa primavera la fecondazione assistita, a fine settembre la nascita del primo bambino cresciuto, appunto, in un utero donato. E' accaduto in Svezia, a Goteborg: la prima volta al mondo. La donna, 36 anni, è nata con le ovaie funzionanti ma senza l'organo deputato a portare il bimbo durante la gravidanza. Quindi potenzialmente fertile ma senza la possibilità di concepire in modo naturale. A fare il dono un'amica di famiglia ultrasessantenne andata in menopausa da tempo o forse la madre stessa della signora che ha partorito.
PREMATURO
Il bimbo sta bene, si chiama Vincent, è venuto al mondo prima del previsto, alle 32esima settimana, con un cesareo e pesa e pesa 1 chilo e 800 grammi. L'attesa dell'annuncio dell'evento è stata legato al fatto che i l'équipe medica ha deciso di rendere pubblica la nascita in concomitanza con la pubblicazione della ricerca sulla rivista scientifica The Lancet.
Un paio di anni fa la signora che è diventata mamma una ventina di giorni fa e altre otto hanno chiesto aiuto al professor Mats Brannstrom del Sahlgrenska hospital di Gothenburg: la maggior parte era senza utero dalla nascita, chiedevano di essere sottoposte ad un trapianto per poi tentare una fecondazione assistita. In due casi l'impianto dell'organo non è riuscito, in sette sì. I trapianti sono stati eseguiti, dopo dieci anni di ricerche da parte del gruppo svedese, tra l'autunno del 2012 e la primavera del 2013 dopo una serie di insuccessi in altri paesi tra i quali l'Arabia Saudita.
UNDICI EMBRIONI
Un anno dopo l'operazione l'équipe ha deciso che era arrivato il momento per procedere con gli 11 embrioni crioconservati appartenenti al padre e alla madre naturali. E la gravidanza è riuscita. Il commento del papà: «E' stato un viaggio piuttosto difficile durato molti anni, ma ora abbiamo con noi il bambino. Non è diverso da qualunque altro, ma avrà una bella storia da raccontare». A breve dovrebbero partorire altre due o tre donne che, insieme alla mamma di Vincent, si sono sottoposte prima al trapianto e poi la fecondazione assistita.
Non è passato neppure un mese dal parto e la coppia già si trova a dover fare un'altra scelta: tentare di nuovo un'altra gravidanza o rimuovere subito l'utero? I farmaci anti-rigetto, infatti, potrebbero essere particolarmente dannosi per la donna a lungo termine. A differenza di cuore, fegato, reni o polmone, infatti, l'utero trapiantato non rimane nel ventre tutta la vita: portata a termine l'eventuale gravidanza, viene rimosso. L'iter completo prevede che la donna si sottoponga a un nuovo intervento, altrettanto invasivo.
CURA STERILITÀ
Dalla Svezia invitano alla cautela: «Ritengo che questo tipo di procedura - commenta Brannstrom - non potrà essere considerata di routine ancora per molti anni». Quella del trapianto viene considerata una delle ultime sfide nel trattamento della sterilità anche presenta molte problematiche. Viene indicato per l'infertilità assoluta, dovuta alla mancanza di utero dalla nascita, come in questo caso, o all'isterectomia per l'eliminazione di un tumore o per gravi complicanze durante il parto. Una condizione che affligge circa 150mila donne in Europa».
L'AFFITTO
Per loro l'unica chance di avere un figlio è quella di “affittare” un utero (impiantare in un'altra donna gli embrioni della coppia che ha i problemi) ma si tratta di una pratica non legale in molti paesi. Italia compresa.
«Tecnicamente questa notizia non ci meraviglia - fa sapere Paolo Scollo, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia - ma bisogna ancora verificare la fattibilità della procedura su più ampia scala, quindi la sua riproducibilità. Questo intervento potrebbe, comunque, rivelarsi molto utile per un limitato numero di pazienti senza utero o che ne hanno subito l'asportazione. A queste pazienti con mancanza di utero per patologie genetiche, fino ad adesso, non avevano nulla da offrire».
Carla Massi
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