«Rompete i rapporti con la Cina» Ma il Vaticano resiste agli Usa

«Rompete i rapporti con la Cina» Ma il Vaticano resiste agli Usa
di Franca Giansoldati
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Lunedì 21 Settembre 2020, 11:36

Città del Vaticano - La questione cinese per il Vaticano si sta trasformando in un dilemma diplomatico di proporzioni enormi. I guai relativi all'accordo ad experimentum per le nomine dei vescovi firmato due anni fa con Pechino e destinato ad essere rinnovato il mese prossimo come ha confermato il cardinale Pietro Parolin alcuni giorni fa al Messaggero sono destinati ad amplificarsi a livello internazionale. Tutta colpa degli Stati Uniti che, con una mossa a sorpresa, hanno chiesto a Papa Francesco di non procedere al rinnovo. La scelta ipotizzata è tra la realpolitik portata avanti finora dal Vaticano oppure la difesa dei diritti umani in Cina.

L'ATTACCO
Il colpo basso di Trump è arrivato tramite il segretario di Stato, Mike Pompeo che spiegato questa richiesta attraverso un lungo articolo scritto per la rivista First Things. «Se il Partito comunista cinese riuscirà a mettere in ginocchio la Chiesa cattolica e altre comunità religiose, i regimi che disprezzano i diritti umani saranno incoraggiati e il costo della resistenza alla tirannia aumenterà per tutti i coraggiosi credenti religiosi che onorano Dio al di sopra dell'autocrate del giorno».

Pompeo riassume le vicende di una intesa ancora segreta nei suoi contenuti, studiata per ricucire la spaccatura tra Vaticano e Cina consumatasi negli anni Cinquanta con l'arrivo di Mao e la cacciata a Taiwan dell'allora nunzio apostolico a Pechino. Un momento che ha segnato la rottura delle relazioni diplomatiche e la creazione di una chiesa cattolica parallela controllata in tutto e per tutto dal partito comunista, chiamata Associazione Patriottica. Da allora per i cattolici rimasti fedeli a Roma sono iniziati lunghi decenni di persecuzioni più o meno marcate. Ci sono persino stati preti e vescovi morti in carcere. Sotto il pontificato di Benedetto XVI ha preso forma un timido dialogo sotterraneo proseguito da Papa Francesco che ha iniziato a lavorare ad un accordo sperimentale nel tentativo di unire progressivamente le due chiese, normalizzare i vescovi non in comunione con Roma (perché nominati dal partito). Ovviamente non tutto è filato liscio, tanto che Mike Pompeo ha sintetizzato: «Due anni fa, la Santa Sede ha raggiunto un accordo con il Partito comunista cinese, sperando di aiutare i cattolici cinesi. Ma l'abuso del partito comunista cinese sui fedeli è solo peggiorato. Il Vaticano metterebbe a rischio la sua autorità morale, nel caso in cui dovesse rinnovare l'accordo».

Di fatto in questi due anni la normalizzazione è andata avanti a singhiozzo. Il controllo del partito in molte zone prevale sulla libertà di coscienza. Sono state divelte croci, abbattute chiese, tanti fedeli hanno dovuto sostituire il crocifisso con l'effige di Mao, alcuni preti sono agli arresti domiciliari. Le pressioni di Mike Pompeo vanno dritto al sodo. «La Santa Sede ha una capacità e un dovere unici di focalizzare l'attenzione del mondo sulle violazioni dei diritti umani, in particolare quelle perpetrate da regimi totalitari come quello di Pechino. Alla fine del XX secolo, il potere della testimonianza morale della Chiesa ha contribuito a ispirare coloro che hanno liberato l'Europa centrale e orientale dal comunismo e coloro che hanno sfidato i regimi autocratici e autoritari dell'America Latina e dell'Asia orientale. Lo stesso potere di testimonianza morale dovrebbe essere dispiegato oggi nei confronti del Partito comunista cinese».

LA STRATEGIA
Papa Francesco in questi mesi, pur di non irritare Pechino e non far saltare l'accordo, non ha speso una sola parola per Hong Kong, così come per denunciare la persecuzione nei confronti delle minoranze religiose. Non solo nei confronti dei tibetani (si è sempre rifiutato di incontrare persino il Dalai Lama) ma anche gli Uiguri, i musulmani cinesi, costretti persino ad aborti forzati. Cosa si cela dietro la mossa di Trump è facile da comprendere: da una parte gli Usa devono custodire la grande base militare che hanno a Taiwan (l'isola ribelle che la Cina considera suo territorio e che il Vaticano riconosce come stato legittimo) e dall'altra continuare a finanziare la crescita esponenziale degli evangelici in Cina, anch'essi perseguitati da Pechino. Per Papa Francesco un dilemma di non facile soluzione.

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