La Crimea dopo l'annessione: isolata, povera, senza turismo

La Crimea dopo l'annessione: isolata, povera, senza turismo
3 Minuti di Lettura
Martedì 9 Settembre 2014, 17:27
IL REPORTAGE
SIMFEROPOLI La stazione ferroviaria è il solito formicaio di gente. Non più il dirimpettaio McDonald's, chiuso dagli americani dopo l'annessione. Ci incamminiamo verso il centro cittadino. Incontriamo un ambulante, che sbotta: «Quei rubli sono come di carta. Volano. A stento riesco a pagare le spese della casa e a comprare da mangiare. Quando entro nei negozi non so cosa acquistare. Non ho semplicemente soldi». L'atmosfera è tranquilla, ma si percepisce tensione nell'aria. Rispetto all'ultima volta che siamo stati qui non ci sono gli «omini verdi», le unità speciali delle Esercito russo, ma davanti al Palazzo del Parlamento non manca la presenza dell'Autodifesa.
LE ELEZIONI
Le strade sono piene di manifesti per le regionali di domenica 14 settembre. Scorgiamo i ritratti di Serghej Aksionov e Vladimir Konstantinov, sotto la bandiera di “Russia Unita” – il partito del Cremlino – il cui slogan è «Abbiamo conservato la pace, garantiremo la stabilità». Ambedue sono “persona non grata” in Occidente. Sono loro che hanno “coperto” politicamente gli eventi di marzo («il colpo di Stato» secondo Kiev) ed il successivo referendum “truffa” di unione alla Russia. In pochi andranno a votare, affermano diversi nostri interlocutori. «A marzo – spiega il russofono Ivan – era un'altra cosa: si sceglieva con chi stare».
IL BOICOTTAGGIO
I tatari boicotteranno la consultazione, gli ucrainofoni hanno sentimenti contrastanti. «Mosca tenta di legittimare il suo potere con le regionali – ci aveva detto a Kiev Refat Ciubarov, il capo del Parlamento tataro, espulso dalla Crimea un paio di mesi fa - Le elezioni si sarebbero dovute tenere nel 2015. Hanno anticipato poiché la situazione precipita». L'Occidente ha tagliato fuori dal mondo la penisola contesa. I bancomat internazionali non funzionano, le carte di credito non vengono accettate, i cellulari con numeri stranieri sono fuori uso, Internet va a singhiozzo. Tutto quello che era ucraino, legato alle reti europee, è saltato. La gente usa i social network come punto di riferimento per comunicare i nuovi recapiti. Le filiali delle banche di Kiev sono chiuse, ma chi ha preso dei fidi li deve saldare subito per intero. Il turismo, principale voce dell'economia, è crollato di oltre il 50%. Gran parte dei voli aerei è stata cancellata. Se prima si andava a Istanbul o a Kiev come scalo verso altre méte, adesso si è costretti a puntare su Mosca. Il treno Simferopoli – Mosca via Ucraina non c'è più. Si raggiunge la capitale russa, allungando il tragitto con un comodo viaggio che dura solo 40 ore. La Crimea dipende dall'Ucraina per l'80% degli approvvigionamenti di acqua e per percentuali minori per energia elettrica, gas, prodotti alimentari. Per questo Nikita Khrusciov la “regalò” a Kiev nel 1954. La Russia non ha confini di terraferma. Vladimir Putin ed i suoi se ne stanno accorgendo soltanto adesso. Se domani Kiev volesse, metterebbe la Crimea in ginocchio in poche settimane. I costi reali di “riunione” sono stratosferici: decine di miliardi di dollari.
I MILITARI
Per i militari la penisola è una perfetta portaerei in mezzo al mar Nero per controllare non solo il sud d'Europa, ma anche guardare da vicino il Medio Oriente. «Il biglietto dell'autobus oggi costa 10 rubli, ossia al cambio 3,25 grivne – osserva un'anziana - Prima era 2,75». Come successe nella Ue nel 2002 col passaggio alla valuta comune, in Crimea i prezzi sono schizzati alle stelle. Ci hanno guadagnato solto i pensionati che ricevono pensioni russe e non ucraine (più basse), mentre gli stipendi sono stati convertiti al centesimo. I russofoni non si perdono d'animo: «Sono problemi passeggeri. Le cose si rimetteranno. Abbiamo lottato per due decenni per tornare con Mosca. L'importante è che non scoppi una guerra». Evidentemente l'abbuffata nazional-patriottica non è ancora passata.
Giuseppe D'Amato
© RIPRODUZIONE RISERVATA