Zingaretti: «Sanità, invertita la rotta. E sui rifiuti aspetto Raggi»

(Foto di Giacomo Gabrielli/ Ag.Toiati)
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Sabato 24 Febbraio 2018, 00:02 - Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 09:56

Nicola Zingaretti, governatore uscente e candidato del centrosinistra alla presidenza del Lazio, quali sono i due risultati del suo mandato che rivendica?
«È finita la fase regressiva e il Lazio è rientrato in un fase di ricostruzione. È così nella Sanità, dove con i primi 3.500 nuovi assunti possiamo affrontare il dramma delle liste di attesa, e nei trasporti, dove il Cotral è passato da peggiore azienda pubblica, ad azienda dinamica, con bilanci in attivo e nuovi mezzi. Siamo in una fase diversa e stiamo ridiventando leader italiani, anche se nessuna Regione ce lo riconoscerà: il Lazio in ginocchio degli scandali faceva comodo a tutti».

E cosa si rimprovera?
«Di non aver politicizzato alcune conquiste: la stabilizzazione dei precari nella sanità o l’abolizione dei ticket. O i soldi tagliati dai vitalizi investiti per le borse di studio degli universitari».

Perché non ha voluto fare confronti con gli altri candidati?
«Non è vero che non ci sono stati confronti. Penso alla Rai, a quello che già c’è stato e a quello che ci sarà con tutti venerdì. Io in questi mesi non ho mai pronunciato il nome dei miei avversari, altri hanno passato l’80% del loro tempo a ingiuriarmi. Se poi qualcuno che vive da 20 anni a Milano, in 20 giorni vuole farsi pubblicità con un evento mediatico capisco, ma non c’entra nulla con la qualità del confronto politico».

Lei si candida con una coalizione più ampia di quella nazionale, dal Pd a Leu. Il Pd in parlamento deve ripartire dal suo modello?
«Le alleanze diverse sono una costante dal Dopoguerra, ora si avverte di più perché c’è una concomitanza elettorale. Poi certamente dopo il voto una riflessione ci sarà, ma non dovrà farla solo il Pd. Serve una rigenerazione di tutto il sistema politico».

Torniamo alla sanità. In 5 anni non siete riusciti ad abbattere le liste d’attesa in modo sensibile, perché?
«Le liste d’attesa non le abbiamo create noi, le abbiamo trovate per via di un sistema distrutto. Senza personale prima gli ambulatori avevano orari ridotti. Le tecnologie e il sistema di prenotazione erano antiquati. Tutto questo sta cambiando. C’è un’inversione di tendenza, per la prima volta in dieci anni le liste d’attesa stanno migliorando, ma ancora non è sufficiente».

Ma i pronto soccorso sono ancora congestionati.
«Bisogna continuare a lavorare sulla sanità di territorio, le 16 case salute hanno avuto 2 milioni e 300 mila prestazioni e negli ambulatori 250 mila. Solamente un pazzo può dire che i problemi della sanità sono stati risolti, ma solo per chi è in malafede questi sono stati cinque anni persi».

Sull’emergenza rifiuti c’è un ritardo anche da parte della Regione.
«In questi anni abbiamo avuto grandi svolte: nel 2013 nel Lazio si interrava il 70 per cento dei rifiuti in maniera irregolare, questo non accade più; la raccolta differenziata è passata dal 22 al 44 per cento grazie anche agli investimenti della Regione, ma Roma sta rallentando. Sul piano rifiuti tutte le province hanno fornito le loro risposte, eccetto una. La Città metropolitana di Roma».

Guidata da Virginia Raggi. La Regione, a questo punto, non potrebbe attivare i poteri sostitutivi con un commissario?
«Dal punto di vista teorico non lo si può escludere, ma sarebbe drammatico perché deresponsabilizzerebbe chi ha il compito di decidere. Farò comunque di tutto per evitarlo: servirebbe a sbloccare le aree idonee e il tipo di impiantistica, ma non inciderebbe sull’aumento della raccolta differenziata».

Se lei fosse in Campidoglio, che sistema utilizzerebbe?
«Vista la tensione sociale e culturale che c’è, dobbiamo puntare su riciclo e riuso. I termovalorizzatori non servono, ma i Comuni devono procedere spediti sul modello alternativo».

Aumenterà i fondi regionali per l’Atac?
«Oggi no, quando siamo arrivati la Regione trasferiva a Roma zero, ora siamo a 325 milioni, su un fondo globale di circa 700. Ai tempi d’oro, quando il fondo era da un miliardo, la Regione trasferiva 330 milioni».

Lei avrebbe fatto il concordato preventivo per l’Atac?
«Assolutamente no. I problemi vanno affrontati e non delegati. Abbiamo trovato il Cotral in condizioni peggiori di Atac, e lo abbiamo risollevato».

Il tavolo per Roma è stata una pia illusione di Calenda o un atto di diserzione della Raggi?
«Calenda è stato un eroe, ha impegnato il suo ministero per attività che non gli competerebbero. Poi ha reagito quando ha visto che questa attività da parte del Comune veniva svolta con sufficienza. Alla fine, purtroppo, un’occasione persa».

Quanto ha speso per la campagna elettorale e chi l’ha finanziata?
«Siamo intorno ai 350 mila euro. I finanziatori versano massimo 5 mila euro e saranno resi pubblici».

Se non avesse la maggioranza in Consiglio, a chi si rivolgerebbe?
«Avremo la maggioranza, abbiamo fatto apposta un’alleanza larga. Soprattutto abbiamo il sostegno di 204 sindaci di tutti i colori politici. Sarà una difesa di questa comunità. Avremo tanti elettori del centrodestra ma anche del M5S che voteranno in un modo alle politiche e per noi alle regionali, riconoscendo il nostro lavoro di questi anni».

Lei è ancora indagato per falsa testimonianza nell’inchiesta sul Mondo di mezzo. Influirà sul risultato?
«Il mio essere indagato l’ho avvertito come un fatto personale, il tema è l’utilizzo strumentale che se ne fa. Questa Regione, che cinque anni fa andò al voto per quello che conosciamo, ha introdotto anticorpi chiari, siamo visti dall’Anac come modello per gli appalti».

Cinque anni fa sarebbe potuto diventare sindaco di Roma invece che governatore del Lazio. Rimpianti o sollievo, visto come è andata a Marino?
«Nessun rimpianto, ma da romano soffro un po’, non vorrei che i miei concittadini pensassero che c’è un destino segnato per cui le cose possono solo peggiorare».

Dopo un presidente del Consiglio segretario del Pd, potrebbe toccare a un presidente di Regione?
«Non lo so. In senso assoluto è nelle cose. Non è detto».

Intervista a cura di Simone Canettieri, Lorenzo De Cicco, Mauro Evangelisti e Fabio Rossi

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