Marenghi e fiorini che fecero l’Italia: 20mila pezzi nell'esposizione della Zecca

Marenghi e fiorini che fecero l’Italia: 20mila pezzi nell'esposizione della Zecca
di Fabio Isman
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Martedì 25 Ottobre 2016, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 18:51

Modelli in cera di medaglie antiche, o mai nate; quelle in bronzo, per i pellegrini dell’Anno Santo, che eternano la città; i conii per le emissioni dei papi nel Seicento; le aperture delle Porte sante dei vari pontefici; fino alle emissioni speciali dei 5 euro dedicati a Perugia, o dei 10 per i Bronzi di Riace: il fior da fiore di una collezione che conta ben 20 mila esemplari, con immagini storiche del passato. A Roma la Zecca nasce nel 1911 all’Esquilino, dove c’è ancora la Scuola della Medaglia: un’eccellenza del nostro Paese. Poi, passa a piazza Verdi: ora sta diventando un albergo, operazione condotta dalla Cina. Infine, va in via Salaria, dal 2010. Dove, proprio oggi, apre un museo, inaugurato dai ministri dell’Economia Pier Carlo Padoan, e Beni culturali, Dario Franceschini. Il capo dello Stato Sergio Mattarella andrà in visita privata prima della cerimonia ufficiale. Un autentico “Scrigno delle meraviglie”, come si intitola il suo catalogo, che «guarda al futuro attraverso il passato», e «protegge la nostra identità», come spiega l’amministratore delegato, Paolo Aielli.

LE TECNOLOGIE
I “tesori nascosti” della Zecca di Roma (la prima venne istituita nel 1828) sono infiniti e gustosi. Ordinati da Silvana Balbi De Caro e allestiti da Giovanni Bulian. Ci sono pezzi rarissimi, degni dei migliori numismatici: dal Cinque lire di Toscana, alla prova di un’Italia turrita; e altri, coniati da veri maestri del genere: come Giuseppe Romagnoli, o Orlando Paladino Orlandini. Si passa dagli antichi mestieri alle nuove tecnologie: e ecco gli operai intenti alla fusione con il crogiuolo, o remoti torchi; ai modelli in cera di Benedetto Pistrucci nell’Ottocento, con un San Giorgio e il drago (la sterlina d’oro inglese ancora coniata a Londra), una Battaglia di Waterloo, il Ratto di Europa o la Leda con il cigno. Monete per i Borbone, o per la Repubblica Subalpina.
Nell’arte, l’Italia vanta un primato antico, che ancora continua: l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, dal 1982, detiene il brevetto delle monete bimetalliche: per capirci, quelle del nostro attuale euro.
Però, la storia inizia da lontano: da un panorama di Roma voluto da Paolo III Farnese nel 1549, ultimo anno del suo papato; o da un San Pietro, da poco berninesco e come è ora, del Seicento. Diventa sempre maggiore la raffinatezza delle incisioni e dei tratti; il conio sempre più curato. Uno, è per le vie nuove, volute da Sisto VI; un altro, per le catacombe di San Sebastiano; nel 1675, Clemente X Altieri percuote col martelletto la Porta Santa. Poi è il neoclassico, anche nelle medaglie: Bacco e Marte. Fino alla “Galleria della lira”, ormai soppiantata da quella dell’euro.

IL MIRACOLO ECONOMICO
Una moneta ligure da 96 lire (proprio così), del 1804; il Marengo di Torino; il Borbone re dell’Etruria; il Ruspone di Ferdinando III di Toscana e i 10 scudi di Gregorio XVI, entrambi in oro zecchino; i fiorini toscani in argento; in oro anche le 100 lire (allora, una ricchezza) di Vittorio Emanuele III, del 1903 e 1912; quadrighe sui modelli di Leonardo Bistolfi; le monete con il fascio: sono due secoli di storia e storia del costume. Fino ai tempi più recenti, che molti ricorderanno: il fabbro nudo che batte con il martello sull’incudine delle 50 lire, le 100 con l’ulivo: è ormai il “miracolo economico”: ce ne rammentiamo?
E tante medaglie, nel Novecento, servono a ricordare; la scuola, fondata nel 1907, e la passione del celebre “re numismatico”, Vittorio Emanuele III, valgono il primato. Quella in argento, 1902, a un anno dalla morte di Giuseppe Verdi; le feste di Firenze, e quella dei fiori mostra la Primavera di Botticelli; i 500 anni dalla battaglia di San Fermo, con Garibaldi sul retro; perfino un bronzo per la visita in Italia di Fuad d’Egitto: appaia Tevere e Nilo.

LA RICERCATEZZA
Insomma (quasi) ogni occasione è buona per coniare: si lavora alle Terme di Chianciano, o si ampliano quelle di Acqui. Siamo a oggi, alle monete che è difficile trovare in circolazione: uno splendido 10 euro è per Canova; proprio dannunziani i 5 per il Vate; seriosi quelli di Toscanini; uno è per Marino Marini, con un suo Uomo a cavallo; per i 150 anni dalla morte di Belli, sono monumenti dell’Urbe. Fino ai duemila anni dalla morte di Augusto. Una storia che non si è mai interrotta, e si è sempre evoluta: nelle forme, nella ricercatezza, negli sperimenti. Una visita che è, insieme, divertimento ed esperienza didattica. In via Salaria 712: ci si prenota allo 06.85082125, o sul sito booking_museodellazecca@ipzs.it. E ne vale la pena.
 
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