«La mia causa è l’umanità», parla Yann Arthus-Bertrand, regista di “Human” girato in 60 Paesi

«La mia causa è l’umanità», parla Yann Arthus-Bertrand, regista di “Human” girato in 60 Paesi
di Gloria Satta
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Sabato 27 Febbraio 2016, 00:12 - Ultimo aggiornamento: 3 Marzo, 12:38
Un inno alla specie umana. Ma anche un grido di allarme contro l’autodistruzione della terra, le guerre, gli abusi, la miseria, il rifiuto della diversità. Tutto raccontato da spettacolari immagini aeree e le parole di 2020 persone di cultura, religione e tradizioni diverse, disseminate ai quattro angoli del mondo: guardando negli occhi lo spettatore, raccontano in 63 lingue diverse la loro storia con le rispettive paure, le sofferenze, i sogni. «Ho voluto realizzare questo progetto perché mai come oggi il futuro dell’umanità è apparso tanto incerto», dice Yann Arthus-Bertrand presentando il suo ultimo film Human che, applaudito fuori concorso alla Mostra di Venezia, esce il 29 febbraio distribuito da Academy Two, con il patrocinio Unesco.

Per due anni il grande fotografo, scrittore, documentarista e ambientalista francese, 69, noto per le maestose immagini della terra riprese dal cielo, ha scandagliato il pianeta alla ricerca di storie, luoghi, volti. E quello che ha realizzato è più di un documentario, va oltre il reportage: Human è un progetto audiovisivo dalle mille sfaccettature che affascina e fa riflettere. Perché ritrae un mondo che, secondo l’autore, è oggi «in piena deflagrazione».

Cosa, nel suo lungo viaggio, l’ha sorpresa di più?
«Ho realizzato oltre seimila interviste in 60 Paesi diversi e sono rimasto colpito dal desiderio di tutte le persone indistintamente di raccontare la loro storia: donne picchiate dai mariti, bambini-soldato, vittime della carestia e delle epidemie, ognuno aveva voglia di condividere la sua esperienza. A volte mi sono sentito un psicologo e i miei protagonisti si sono sempre lasciati andare».

È un film politico?
«Totalmente, perché nasce dall’indignazione per la violenza che insanguina il mondo e la disparità nella distribuzione della ricchezza. Nel corso della storia l’uomo ha sempre progredito, ma oggi che le guerre e il terrorismo imperversano sta tornando indietro, si sta trasformando in una bestia selvaggia».

È impossibile, guardando “Human”, non pensare ai migranti.
«È il più grande dramma contemporaneo, destinato a far esplodere il nostro stesso modello di civiltà basato sul capitalismo. Dietro al rifiuto dell’accoglienza c’è la paura che i rifigiati possano attentare alle nostre ricchezze».
 
Ma lei che ha conosciuto da vicino la fame, le violenze, la povertà, come risolverebbe il problema?
«Per superare la paura dell’Altro bisogna imparare a guardare il mondo con un atteggiamento nuovo, ricco di benevolenza e gentilezza. Sembrerà semplicistico ma l’unica soluzione è l’amore. Ne sono convinto».

Il suo film è stato accolto bene nel mondo intero ma ha diviso la critica francese: perché, secondo lei?
«Perché è un prodotto fuori dagli schemi e disturba, mostra cose che molti preferirebbero non vedere. Oggi il mio Paese, il sesto nella graduatoria dei più ricchi del mondo, è percorso da un grande malessere ed è diventato cinico».

Ha mai pensato di fare politica in prima persona?
«Sono sempre stato impegnato nella causa ambientalista, ma sono un regista, un fotografo e non sarei un buon politico. Quelli che abbiamo non sono all’altezza del loro compito, non c’è dubbio, ma tutto sommato ce li meritiamo».

Il ricordo più toccante che la lavorazione di “Human” le ha lasciato?
«Un ragazzino africano che dice: ogni abitante della Terra ha una missione e deve cercarla».

La sua qual è?
«Avere successo come uomo, una sfida infinitamente più difficile della riuscita nel lavoro. Il film mi ha reso consapevole: dopo due anni di riprese non sono stato più la stessa persona».

Ha un nuovo progetto?
«Sto per iniziare la realizzazione di “Woman”, un film che esplora la condizione della donna. Girerò il mondo per tre anni alla ricerca di storie che documentino la condizione femminile, ancora drammatica in molte zone del pianeta».

Durante le riprese di “Human” ha operato la “compensazione del carbonio”: in che consiste?
«La lavorazione ha generato emissioni totali di gas a effetto serra equivalenti a 917 tonnellate di Co2. Sono state controbilanciate attraverso il finanziamento di progetti ambientali e sociali rispettosi del clima per le popolazioni vulnerabili».

A tutti gli intervistati ha chiesto un messaggio per gli abitanti del pianeta. Il suo qual è?
«Fermiamoci. Non siamo in grado di immaginare il nostro habitat neppure tra 10 anni e oggi assistiamo alla distruzione del clima, alle guerre, alle violenze di ogni genere. È ora di ritrovare l’amore per la nostra stessa specie e per il mondo in cui viviamo».
 
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