«La mia Roma cupa e geniale», William Kentridge racconta il suo capolavoro da street artist tra Ponte Mazzini e Ponte Sisto

«La mia Roma cupa e geniale», William Kentridge racconta il suo capolavoro da street artist tra Ponte Mazzini e Ponte Sisto
di Laura Larcan
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Mercoledì 6 Aprile 2016, 00:42 - Ultimo aggiornamento: 8 Aprile, 15:57

«È la prima volta che lavoro in questo modo: ho concepito quest’opera dieci anni fa, e ora vive. E sì, la possiamo considerare un’opera di street art». Il maestro e le sue creature sorte lungo il Tevere. Un incontro ravvicinato, in un tiepido sereno pomeriggio di primavera che volge al tramonto. E Roma sembra ritrovare per un attimo la sua leggendaria aura di Città eterna. William Kentridge, il celebre artista sudafricano appena sbarcato nella Capitale, si lascia piazza Trilussa alle spalle e con lei quel prosaico caos di traffico cittadino. E scende le scale sotto il quattrocentesco Ponte Sisto, per "entrare" nella sua speciale bottega d'arte a cielo aperto sorta sulla banchina destra del fiume. E quasi si avvertono gli echi di uno spirito rinascimentale. Triumphs and Laments, l’epica opera site-specific di Kentridge è ormai terminata. Svettano anche fino a dieci metri d’altezza le novanta figure murales che sfilano sui muraglioni del fiume, tra Ponte Mazzini e Ponte Sisto. Un corteo poetico e tragico di 550metri. Lui, il maestro, cappello panama in testa, avanza con passo lento, lo sguardo è vigile, soddisfatto. Fa da cicerone al ministro per i Beni culturali Dario Franceschini alla scoperta dei protagonisti della sua personale poetica tragica eroica storia millenaria di Roma. Dove ogni immagine affonda nella memoria collettiva popolare, per poi giocare con le contaminazioni e stravolgere le aspettative. L’Arcangelo Michele di Castel Sant’Angelo sembra oppresso dalla peste nata dalla fantasia nera di Goya. Il bagno nella Fontana di Trevi di Marcello Mastroianni e Anita Eckberg finisce sotto una doccia. Nulla è ovvio, nulla fa i conti con l'effetto déjà vu.

 



GENI ED EROI
«I trionfi di Roma sono il genio di Michelangelo, l’esuberanza scenica di Bernini, la forza prorompente di Garibaldi. I lamenti sono spettri che si insinuano nella storia, come l’omicidio di Aldo Moro, il corpo straziato di Pasolini, oppure l’eco della marcia di profughi a Lampedusa. Non esistono confini netti. Gli eroi hanno un’anima decadente, al collasso, dove i trionfi possono essere contaminati da lamenti, e viceversa. Giodano Bruno portava la bellezza della scienza e della conoscenza al popolo, ma è stato condannato al rogo. Giulio Cesare rinnovava la politica romana, ma è stato trucidato. La lupa capitolina che allatta i gemelli porta dentro di sé l’origine di tutto, ma finisce scheletrica, scarnificata». La vicinanza del fiume è parte dell’opera: «La storia di Roma viaggia sul Tevere, dalle acque riemerge per essere restituita a Roma», riflette l’artista. E confessa Kentridge che «l’idea della location è legata anche alla vicenda di Giorgiana Masi ricordata da una lapide a ponte Garibaldi, la studentessa di 18 anni uccisa nel 1977 durante una manifestazione». Il colpo d'occhio è d’una suggestione antica, in cui aleggia un senso di grandezza ancestrale, che pervade come una seconda pelle le pareti dei muraglioni. Li indica uno ad uno. «I profeti della Cappella Sistina, il San Pietro crocifisso di Masaccio, Vittorio Emanuele in posa per un ritratto su un cavallo giocattolo, la morte di Anna Magnani in Roma Città Aperta». Il lavoro di Kentridge, sudafricano di Johannesburg, classe '55, è imponente ed effimero. È un'installazione concepita sulla tecnica della "sottrazione". La materia che viene "sottratta" è la patina di sporco cittadino, strati di polveri, smog, incrostazioni. L'hanno definito una sorta di stencil al contrario. I contorni e i dettagli delle figure prendono vita pulendo tratti di muro.
 
L’EVOLUZIONE
«L’opera durerà sette anni, le patine di sporco nel tempo diventeranno più sporche e il bianco si scurirà fino a trovare un equilibrio nelle stratificazioni, ma è così che deve evolvere senza essere toccata». L’unica accortezza che chiede: «Almeno una volta l’anno togliere l’erbetta che cresce tra i massi». Il percorso del progetto, promosso dalla Tevereterno Onlus guidata dall'architetto Luca Zevi, e prodotta con 600mila euro dalle gallerie Lia Rumma e Marion Goodman, si è trascinato per anni in un limbo di incertezza, tra sospensive e tavoli tecnici, fino all'accordo sancito nel settembre del 2015. Contò molto l'interesse di Franceschini che sanò scrupoli dei suoi uffici. «L’operazione è straordinaria - commenta Franceschini - Innanzitutto contribuisce a riavvicinare Roma al proprio fiume. Inoltre, è una grande opera di arte contemporanea nel cuore dell’antichità, e confido che abbia un forte richiamo turistico, essendo un’opera effimera che il tempo cancellerà. Prima che scompaia attirerà molti appassionati d’arte». Kentridge è un sofisticato disegnatore come pochi. Ora, la potenza evocativa dei suoi disegni affronta una nuova avventura.
 

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