Valeria Bruni Tedeschi porta a Venezia casa sua: «Vi presento i miei, tra soldi e drammi»

Valeria Bruni Tedeschi porta a Venezia casa sua: «Vi presento i miei, tra soldi e drammi»
di Gloria Satta
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Giovedì 6 Settembre 2018, 00:37 - Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 15:49
Un’autobiografia immaginaria». Così Valeria Bruni Tedeschi definisce la sua tragicommedia fuori concorso Les Estivants - I Villeggianti (in sala a Natale) che ha portato al Lido molte risate, Valeria Golino, Riccardo Scamarcio e la famiglia stessa della regista-protagonista: la mamma Marisa Borini, 88, la zia Gigi (94), la figlia decenne Oumy che sullo schermo interpretano se stesse.

Anche i ricchi piangono: dopo È più facile per un cammello... e Un castello in Italia, questo nuovo esilarante capitolo della filmografia «quasi autobiografica» di Valeria, 53, è ambientato in una grande villa in Costa Azzurra (la replica quasi perfetta della residenza estiva dei Bruni Tedeschi a Cap Nègre) dove si mangia, si discute, si ozia, si vivono amori interclassisti, si trepida, si sparisce, si torna. E al centro di tutto c’è lei, la protagonista, fragile e sfrontata, buffa e malinconica, nel ruolo di una regista in crisi di ispirazione perché abbandonata dal suo uomo: lo interpreta Scamarcio, nella vita ex compagno di Valeria Golino che fa la sorella della protagonista.

Non ha pensato di scritturare sua sorella Carla Bruni?
«Certo, le chiedo di recitare in ogni mio film. Ma lei non vuole fare l’attrice. Ha detto di sì solo a Woody Allen per Midnight in Paris. E siccome mi serviva una donna indimenticabile, ho preso Valeria Golino».

Che effetto le fa essere definita la versione femminile di Woody Allen?
«Mi lusinga, anche se l’accostamento mi sembra esagerato. Woody è un genio e mi ha fatto da medico: attraverso i suoi film mi ha aiutato a superare la disperazione e a ritrovare la voglia di vivere e lavorare».

Ma ora, travolto dalle accuse di aver molestato la figlia adottiva tanti anni fa, non lavora più.
«È scandaloso. E gli attori che lo rinnegano mi fanno schifo».

Cosa pensa del movimento #MeToo?
«A costo di apparire politicamente scorretta, penso che la mobilitazione anti-abusi sia positiva in tanti ambienti di lavoro ma nel cinema si esagera un po’».

Lei è mai stata molestata?
«No, forse perché ho lavorato con tanti omosessuali».

Nel film parla di un abuso subito da bambina: vero o inventato?
«Nei ricordi infantili non si sa mai cosa è accaduto e cosa è frutto della fantasia. Tutto il film mescola verità e finzione».

Cosa le è costato di più portare sullo schermo?
«La figura di mio fratello Virginio, morto di Aids nel 2006. Non è facile, sul set, convivere con un fantasma».

La sua piccola Oumy è una bravissima attrice: vorrebbe che continuasse?
«Per ora preferisce la danza che le insegna la disciplina».

Il cinema è una terapia per regolare i conti in sospeso della sua vita?
«Sono in analisi, ma è il lavoro che mi fa stare bene».

Si sente amata?
«Dalla famiglia e dagli amici sicuramente. Vorrei essere amata di più dagli uomini».

Da Parigi come vede l’Italia?
«Respingere gli immigrati è il sintomo della stupidità umana. La civiltà è stata creata dall’accoglienza».

Tornerà a raccontare il suo mondo in un nuovo film?
«Sì, il progetto c’è già. Sarò autobiografica finché respirerò».

Come si sente in questo momento della sua vita?
«Angosciata, ma con tanta voglia di allegria. Basta niente a procurarmela: i miei bambini che giocano, una risata senza motivo».
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