Tra Vangelo e toghe con l’elmetto, il ritorno della “dottrina Davigo”

Tra Vangelo e toghe con l’elmetto, il ritorno della “dottrina Davigo”
di Mario Ajello
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Lunedì 11 Aprile 2016, 00:07 - Ultimo aggiornamento: 14:56
 Anche Torquemada diceva di ispirarsi al Vangelo. Ora comunque c’è Piercamillo Davigo («Il sì sia sì, il no sia no», c’è scritto sul biglietto da visita del nuovo presidente dell’Anm) e più che alla grande storia il tutto sembra appartenere al vintage. Dopo un quarto di secolo da Mani pulite di cui egli fu proverbialmente il Dottor Sottile nel pool milanese, anche se non sempre sembra amare le sottigliezze, riguardo a Davigo viene da pensare a Lucio Battisti: «Ancora tu, non dovevamo vederci più?». Tra revival e remake, il «non esistono innocenti ma soltanto colpevoli ancora da scovare» - mantra del giudice di Cassazione diventato capo sindacalista - rappresenta il riassunto di un assolutismo etico e di un’eterna religione morale di cui il personaggio è sempre voluto essere il simbolo senza mediazioni o sfumature. «Dopo Tangentopoli», ecco la dottrina Davigo, «i politici non hanno smesso di rubare, hanno soltanto smesso di vergognarsi».

Insomma, l’Onestà non può che peggiorare nel Paese dei Disonesti, agli occhi di questa toga super-combat per il quale la guerra non finisce mai e guai a togliersi la mimetica: «È giusto che ci sia tensione tra potere politico e giudiziario». Se gli si dice che è un pessimista, Davigo - che vede la “devianza” in ogni anfratto e in ogni posto di potere - condivide la definizione: «Il pessimista - così ha spiegato - è quello che pensa che peggio non possa andare, mentre l’ottimista è convinto che possa andare peggio». A un tipo così, guai a parlargli di riformismo: «L’unica riforma non inutile della giustizia è che lo Stato smetta di favorire i colpevoli». Le manette dovrebbero tintinnare di più: «Ma purtroppo la politica da più di 20 anni è più impegnata a contenere l’attività degli organi preposti alla repressione piuttosto che a colpire le devianze delle classi dirigenti». Quanto alla presunzione d’innocenza, la pensa così: «I politici che delinquono vanno mandati a casa senza il bisogno di attendere il giudizio definitivo di un giudice».

IL MITO Un Incorruttibile come Robespierre, il Maximilien Piercamillo? Il suo mito è l’America: «Lì sì che sono organizzati. Il processo è basato non sulle esigenze dell’imputato e del difensore, come in Italia, ma su quelle del poliziotto». E lui poliziotto si sente, o meglio un «militare»: «Come i militari, noi giudici usiamo la forza. Ci sentiamo dei guerrieri, non dei sacerdoti». Le due funzioni in lui - «Un giustizialista io? Il giustizialismo non esiste» - in realtà convivono. E questo mix produce letizia francescana nei suoi ricchi ammiratori, come Gad Lerner: «Sono stato a casa sua e mi ha colpito la sua (dignitosissima) modestia: buon segno, in bocca al lupo!». I grillini lo adorano e lui ricambia partecipando alla Notte dell’Onestà (gennaio 2015) e un suo intervento sul blog di Grillo entusiasmò quella platea. Egli non fa differenza tra destra e sinistra: «Le cose peggiori, quelle devastanti, le fanno insieme».

 

Come eliminare la mafia? «La Sicilia ha bisogno di funzionari di lingua tedesca presi dal Brennero e mandati a Palermo, così non possono capire le minacce». Troppe carcerazioni preventive in Mani Pulite? «Macché. Si è esagerato con le scarcerazioni». I giudici fanno politica? «Dal parlamento escono leggi spesso pessime. E che non rispondono al nodo politico alla base delle norme. Quindi la decisione politica deve prenderla il giudice». Che può anche presentarsi alle elezioni: «In tutti i Paesi del mondo i diritti politici vengono tolti ai delinquenti e non ai giudici». Davigo è fatto così. Quando si parla di indulto, commenta: «Messaggio negativissimo». E si fa vanto di questa massima: «All’estero ci vuole coraggio per commettere un reato, in Italia ci vuole coraggio a rimanere onesti».

Spesso pronuncia la parola “galera”, che non è una bella parola, e sembra farlo con una soddisfazione riscontrabile per esempio in questa frase: «Negli altri Paesi, se uno non si presenta davanti a un giudice, tanto per cominciare lo buttano in galera». Evviva? Si potrebbe dire di lui che ha una visione un po’ fumettistica delle cose, e il neo-presidente dell’Anm non s’offenderebbe: «All’inizio della mia carriera, credevo che i corrotti avessero la lingua verde, come i Visitors». E i magistrati? «Siamo cani da guardia che devono abbaiare quando ci sono i ladri. Ma i politici, cioè i padroni di casa, invece di prendere a calci i ladri prendono a calci i cani da guardia». O ancora, darwinianamente parlando: «Noi di Mani pulite siamo serviti alla selezione della specie. Perché, come fanno i predatori, abbiamo preso le prede più lente e quelle più veloci l’hanno fatta franca». E siccome le prede ancora circolano, anzi dominano nel mondo secondo Piercamillo, il cacciatore è tornato. E il richiamo della foresta è più forte che mai.
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