Toninelli e i selfie sbagliati
E il Pd: codice per gli eletti

Toninelli e i selfie sbagliati
di Simone Canettieri
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Mercoledì 22 Agosto 2018, 00:02
Sembra passata una vita dai timori pudici di Palmiro Togliatti e Nilde Iotti, costretti a vivere in clandestinità il loro amore in una mansarda di Botteghe oscure. Per non parlare dello scalpore che provocò molti anni dopo il bacio - finito sulla copertina del Venerdì - di Achille Occhetto con la sua Aureliana, a Capalbio. Ora, nella Repubblica del selfie dove i social sono il messaggio e non più il mezzo, il rischio boomerang è dietro l’angolo nell’eterna commistione tra pubblico, privato e contesto. Al punto che il Pd, erede stinto del Pci, per la prima volta prova a mettere un po’ di ordine sull’uso di Facebook, Twitter e soprattutto Instagram dei suoi iscritti, a partire dai parlamentari.

L’INIZIATIVA 
Il codice di comportamento nasce dai dem romani che ieri hanno annunciato di «produrre un documento che impegni tutti a un maggior senso di responsabilità nell’uso dei social network». Dove non arriva il buon senso, ci pensano le regole. «La stretta sui post» arriva dopo la tragedia di Genova. Passata, seppur lateralmente alla cronaca, anche per i selfie di Matteo Salvini ai funerali di Stato (contestati e vendicati con gli scatti resuscitati dalla rete di Matteo Renzi alle esequie di Tina Anselmi), e soprattutto nel caso del Pd per la foto su Instagram della deputata romana Patrizia Prestipino. Uno scatto in controluce, «stile nove settimane e mezzo», è stata l’accusa di un gruppo di dem romane. Considerato osé e inopportuno per il tempismo con la tragedia del crollo, che però ha fatto infuriare la renziana. «Avevo dei jeans e un paio di bermuda, ma quale osé? Stavo in camera di mia madre e non permetto a nessuno di sporcare la mia carriera di anni di attivismo politico sul territorio». 
Prestipino minaccia querele contro le colleghe del suo partito che l’hanno «infangata». Ma il Pd di Roma, primo partito a porsi il problema ma non è detto che lo risolva, ora vuole darci un taglio. «In discussione - recita la nota interna - non c’è la libertà di espressione e di critica». Ma «l’infelice coincidenza» delle polemiche con il lutto di Genova non è stata il massimo. Dunque, compagni regolatevi.

I GRILLINI
Un fronte simile, da parte del governo, lo sta vivendo in queste ore anche il ministro grillino delle Infrastrutture Danilo Toninelli, piccola nemesi per chi è figlio di un movimento nato nel brodo primordiale della rete. Toninelli, dopo aver attaccato Autostrade in lungo e largo aprendo le porte alla nazionalizzazione e aver mostrato il pugno duro davanti allo sbarco della nave Diciotti, come Forrest Gump si è sentito giustamente un po’ stanchino. E ha deciso di staccare, per concedersi un po’ di relax con la famiglia. Tutto lecito, così come il selfie di ordinanza, stile bolla papale. Ed ecco a voi la sua foto senza occhiali e con il berretto della Guardia costiera, abbracciato alla moglie che indossa occhiali a specchio. «Qualche giorno di mare con la famiglia con l’occhio sempre vigile su ciò che accade in Italia», ha scritto il ministro nel testo che accompagnava l’immagine. Apriti cielo, da Forza Italia al Pd, si sono tutti alzati con il ditino ben puntato. E hanno chiesto le dimissioni del ministro. «Forse, vista la scenografia della foto su Instagram, il tempo gli occorreva per raccogliere conchiglie» affonda Giorgio Mulé, portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato. E poi anche Renzi, mai restio alla pratica: «C’è una nave italiana con persone in difficoltà bloccata da uno scontro tra ministeri. C’è un ponte crollato e Genova divisa in due. C’è l’opposizione che chiede di riunire subito il Parlamento. E questo dà la colpa agli altri, saluta tutti e va al mare? Non è una #favoletta». Anche questo dunque è diventato un caso, vuoto e denso allo stesso tempo, della politica dei giorni nostri, tanto che Toninelli, dal mare ma senza foto né spaghetto alle vongole, ha ripreso il cellulare. Questa volta con un tweet: «Mi fa ridere chi mi accusa di essere al mare con la mia famiglia. Sono fisso al telefono e seguo ogni cosa che riguarda il ministero. E sono felice di farlo stando vicino a chi amo di più e da cui sono quasi sempre lontano. Si chiama amore, ma forse per certa gente è solo un’utopia».

I LEGHISTI
E il dibattito questo è, come insegna Matteo Salvini generatore automatico dai suoi profili social di post (uno ogni due ore) praticamente su tutto. Dal cuore (Elisa Isoardi) alla pancia (l’altra sera un piatto di porcini freschi «appena colti» in Trentino) fino appunto al suo “vasto” lavoro di leader e ministro. In un intreccio armonioso che si sa dove inizia e mai dove finisce. Difficile in questo caso, che il Capitano nonché titolare del Viminale dica ai suoi di fermarsi nel compulsare le varie piattaforme con messaggi politici-personali. Ecco perché il codice del Pd sembra ardito: come svuotare l’oceano con un cucchiaino. Per dirne un’altra. Maria Elena Boschi, nei giorni di relax al mare, ha sì fatto girare le sue foto in costume ma in una vi ha infilato anche la copertina di un libro dal titolo inequivocabile: «Non si abbandona mai la battaglia». Tanto che la minoranza che vorrebbe diventare maggioranza si è subito allertata: rieccola. Bazzecole, davanti a un esercito di parlamentari che di questo passo puntano a diventare social media manager più che legislatori. Al motto (quasi) einaudiano: conoscere prima di postare. 
 
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