Il successo (a sorpresa) della ricerca made in Italy

Il successo (a sorpresa) della ricerca made in Italy
di Lorena Loiacono
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Sabato 17 Agosto 2019, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 08:38
L’università italiana è viva, vegeta e produttiva. Lo dicono le classifiche internazionali, che re[gistrano la presenza dei maggiori atenei italiani tra i primi al mondo, e lo indica ancora più nel dettaglio il numero di pubblicazioni e di citazioni nell’ambito della ricerca dove l’Italia, negli ultimi 15 anni, ha registrato un’impennata vera e propria. Mettendo a segno una crescita da capogiro, superando di gran lunga gli Stati Uniti e raggiungendo anche il Regno Unito, paesi da sempre ai vertici.

Il sorpasso, dovuto anche alla crescente attenzione nei confronti delle riviste nazionali non in lingua inglese, emerge dalla relazione del Cnr sulla ricerca e l’innovazione in Italia, che confronta le pubblicazioni scientifiche nel periodo 2000-2016 dei singoli Paesi, tra cui Italia, Spagna, Francia e Germania, Regno Unito, Usa, Cina e Giappone, considerando quindi il livello e la qualità della produzione dell’Italia rispetto a quella di alcuni tra i Paesi a maggior tasso di industrializzazione. L’Italia, nonostante i tagli all’università e alla ricerca dal 2008, spicca per un “vertiginoso aumento della produzione scientifica” in termini assoluti ma anche in termini di quota mondiale. 

I DATI
La relazione si basa sui dati di Wos, Web of Science Core Collection di Clarivate Analytics: sono aumentate le produzioni scientifiche, quindi, non solo rispetto al passato ma anche rispetto a quanto fatto negli altri Paesi presi in considerazione per i quali infatti, a cominciare dagli Stati Uniti, viene evidenziata una netta diminuzione di produzione. Le pubblicazioni italiane tra il 2000 e il 2016 sono cresciute con un tasso complessivo del 134%, la crescita degli Stati Uniti nello stesso periodo è stata  del 46%. Il boom italiano non danneggia comunque la qualità degli studi portati avanti negli atenei, visto che è cresciuta altrettanto vertiginosamente anche la quota delle citazioni internazionali: nel 2000 l’Italia era in terzultima posizione tra i paesi analizzati, davanti solo a Cina e Giappone, mentre nel 2016 dopo un’impennata notevole ha praticamente raggiunto il Regno Unito, un paese da sempre al vertice in questa classifica. Le discipline più quotate restano, come nel 2000, Fisica e Medicina. Agli ultimi posti per numero di citazioni ci sono invece Chimica e Psicologia. Nell’ambito delle citazioni medie per pubblicazione, l’Italia è stata in grado di raggiungere il Regno Unito che, dal 2010, aveva superato gli Stati Uniti aggiudicandosi la leadership. 

La ricerca italiana è quindi in crescita e lo dicono anche le classifiche internazionali che registrano la presenza degli atenei italiani tra le eccellenze a livello mondiale. Ieri anche la ShanghaiRanking Consultancy, organizzazione indipendente di ricerca sull’istruzione superiore, ha pubblicato la classifica internazionale Arwu, Academic Ranking of World Universities, del 2019 indicando le 1000 migliori università a livello mondiale,  su oltre 1800 università censite e su circa 17000 stimate nel mondo. 

I PARAMETRI
La classifica viene stilata in base a 6 parametri specifici come i premi Nobel e le Medaglie Fields di ex studenti o di ricercatori, il numero di ricercatori altamente citati determinati da Clarivate Analytics, le pubblicazioni su “Nature & Science”, le citazioni di pubblicazioni scientifiche e tecnologico-sociali e la produttività pro-capite. Sono 46 le università italiane presenti tra le prime 1000: la prima è la Sapienza che si colloca al 153° posto. Nella stessa fascia, 151-200, anche l’Università di Pisa e la Statale di Milano. Tra le posizioni 200 e 300 seguono il Politecnico di Milano, le Università di Bologna, Padova, Torino e Firenze. Non solo, ci sono anche altri atenei italiani che spiccano a livello internazionale per aree specifiche: nell’ambito delle scienze sociali, ad esempio, la Luiss entra in classifica dal 2017 per management e scienze politiche, tra queste anche la Ca’ Foscari di Venezia, le Università di Trento, Torino e Padova.
 
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