Statali, al via le assunzioni mirate. Concorsi gestiti dalla Funzione pubblica

Statali, al via le assunzioni mirate. Concorsi gestiti dalla Funzione pubblica
di Andrea Bassi
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Mercoledì 21 Marzo 2018, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 22 Marzo, 11:08
Erano gli ultimi due tasselli che mancavano alla riforma della Pubblica amministrazione voluta dalla ministra Marianna Madia: il passaggio dalle cosiddette piante organiche ai fabbisogni, e la nuova struttura dei concorsi pubblici. Le linee guida sono state ultimate e saranno discusse oggi nella conferenza Stato-Regioni per il via libera definitivo. Per capire di cosa si tratta bisogna prima citare un dato. Nei prossimi anni, secondo le previsioni fatte dalla Ragioneria generale dello Stato, andranno in pensione circa 450 mila dipendenti pubblici. Alle porte, insomma, c’è un importante ricambio generazionale della pubblica amministrazione, la cui età media oggi è di circa 50 anni. I fabbisogni al posto delle piante organiche e i nuovi concorsi, sono gli strumenti che il governo ha voluto fornire alle amministrazioni per gestire al meglio questo passaggio. Partiamo dai fabbisogni, che permetteranno ai ministeri, ai Comuni, alle Regioni e a tutte le altre amministrazioni, di effettuare delle assunzioni «mirate». Oggi, con il principio della pianta organica, se va in pensione un centralinista, l’amministrazione è obbligata ad assumere un altro centralinista anche se, magari, avrebbe più bisogno di un tecnico informatico. Il passaggio al criterio dei fabbisogni permetterà di risolvere questo problema. Ogni anno, entro il 15 novembre, le amministrazioni dovranno dire quali sono i profili professionali di cui hanno bisogno. Solo una volta costruita questa “mappa”, potranno procedere a bandire i concorsi per coprire le posizioni. Chi non effettua questa rilevazione si vedrà bloccare le assunzioni. La prima “mappatura” dovrà essere fatta entro 60 giorni dalla pubblicazione delle linee guida in Gazzetta Ufficiale. Tra l’altro le stesse linee guida inviate alla Conferenza Stato-Regioni, danno già delle indicazioni, come per esempio quella di privilegiare il personale di front-office, quello a diretto contatto con il cittadino.

IL SECONDO TASSELLO
Se i fabbisogni servono a stabilire esattamente di quali profili professionali le pubbliche amministrazioni hanno bisogno, la riforma dei concorsi pubblici serve, nelle intenzioni, a garantire che vengano selezionate le persone giuste. Le linee guida, nove pagine messe a punto dalla Funzione pubblica, partono dalle modalità di svolgimento delle prove. Una modalità sulla quale si punta molto, è quella del corso-concorso, che «affianca alla selezione una fase di formazione competitiva». Ora vige per dirigenti e funzionari dello Stato, ma «non è esclusa la possibilità di estendere» la formula. L’altra indicazione che emerge è la preferenza per il concorso unico. È obbligatorio per la Pa centrale, almeno nelle selezione di dirigenti e profili comuni, ma si consiglia anche a tutte le altre pubbliche amministrazioni. Ad organizzarlo è il dipartimento della Funzione pubblica. Se circoscritto sul territorio può anche essere fatto su base regionale. Le amministrazioni più piccole, per cui c’è la forte raccomandazione ma non l’imposizione, possono gestire le prove in «gruppo», individuando, ad esempio, un ufficio ad hoc. Non solo, il ministero apre anche a format «misti» con le preselezioni svolte centralmente e il seguito disaggregato. In questo scenario se si opta per le domande a risposta multipla si invita a non «premiare lo studio mnemonico». Per evitare «prove eccessivamente scolastiche e nozionistiche» si suggerisce «la soluzione di casi concreti». E ancora, anche al fine di non ingolfare le commissioni, «i bandi potranno prevedere un limite al numero di titoli che ciascun candidato può presentare». 
 
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