Quattrocento euro lordi mensili di aumento in busta paga per i dirigenti pubblici di prima fascia, circa duecentotrenta per la seconda fascia, corrispondenti a un aumento complessivo del 3,48 per cento. Si chiude oggi la partita per il rinnovo del contratto dei dirigenti dello Stato.
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Sindacati e Aran, l’Agenzia della rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni, che fa le veci del governo nei tavoli negoziali, hanno trovato finalmente un’intesa. I numeri sono relativi al triennio 2016-2018, ormai archiviato, ma che fino a oggi era rimasto appeso: il contratto dei dirigenti pubblici che sta per essere rinnovato in realtà è già scaduto. La trattativa è stata lunga e complessa. Confermato il diritto all’incarico per i dirigenti vittime di riorganizzazioni. Reintrodotta la clausola di salvaguardia, sulla base della quale sono previste maggiori garanzie economiche per gli interessati. «Il dirigente manterrà la sua ultima retribuzione in fase di rinnovo del contratto individuale anche nel caso in cui venisse assegnato a un ufficio di minore valenza», spiega l’Unadis, il sindacato dei dirigenti pubblici. L’accordo riguarda i dirigenti dei ministeri, delle agenzie fiscali e degli enti pubblici non economici come per esempio l’Inps. È ancora fermo invece il rinnovo del contratto dei dirigenti della presidenza del Consiglio, che viaggia su un binario diverso.
LA TRATTATIVA
È stato anche avviato il percorso di piena equiparazione alla dirigenza, sia dal punto di vista economico sia giuridico, per i dirigenti sanitari del ministero della Salute. Per questi ultimi si tratta di una vittoria storica visto che da ora saranno equiparati alla dirigenza sanitaria del sistema sanitario nazionale. Dulcis in fundo, i fondi della retribuzione di risultato potranno essere incrementati da ciascun ente con risorse proprie. Per quanto riguarda invece il patrocinio legale, le amministrazione si assumeranno tutti gli oneri di difesa nei casi in cui si apra un procedimento di responsabilità verso un dirigente.
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