Le spie della Silicon Valley: in California incriminati sette professori

Le spie della Silicon Valley: in California incriminati sette professori
di Anna Guaita
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Sabato 23 Maggio 2015, 23:56 - Ultimo aggiornamento: 24 Maggio, 00:18
C'è un detto oggi che viene rimbalzato fra l'Fbi e la Cia e le altre agenzie federali americane: «Negli Stati Uniti esistono solo due tipi di aziende: quelle che si sono accorte di essere state oggetto di un attacco informatico cinese, e quelle che ancora non si sono accorte di esserlo state». La battuta riflette una convinzione che il governo di Washington sente con grande forza e irritazione, e cioé che la Cina stia piratando le proprietà intellettuali americane a tutti i livelli, dall'agricoltura all'ingegneria, all'idrologia. Ma il livello in cui le violazioni sono oramai così massicce da non poter passare inosservate è quello della tecnologia avanzata: Silicon Valley sarebbe diventata, secondo il Dipartimento della Giustizia, un vero campo di caccia in cui i cinesi spaziano senza nessuna remora. Certo Pechino non è l'unico pirata che vuole impadronirsi dei segreti high-tech americani, ma nelle parole dell'ex capo della Cia, Michael Hayden, «I cinesi sono estremamente aggressivi. E non si curano neanche tanto di lasciare tracce del loro intervento». Anzi, Hayden aggiunge: «I russi ad esempio sono anche loro interessati ai nostri segreti, ma sono estremamente sofisticati, e sempre mirati nei loro interventi. Ma se parliamo di quantità, i cinesi sono assolutamente spettacolari, la massa di pirateria è incredibile».



MENO MISSILI

Dunque, la Guerra Fredda sarà anche finita, ma lo spionaggio è quanto mai vivo e vegeto, anche se è meno interessato ai missili, e molto più ai programmi di lancio. Il presidente Obama e il collega cinese Xi Jinping hanno parlato varie volte a quattr'occhi e al telefono circa il problema dello spionaggio informatico, e ogni volta gli scambi di opinione si sono risolti con reciproche promesse di mantenersi entro limiti ben precisi. È implicito che i due Paesi sanno di spiarsi vicendevolmente, e non intendono smettere. Ma gli Stati Uniti insistono che la Cina va oltre le "buone maniere" dello spionaggio tradizionale e continua a rubare segreti delle aziende Usa, per poi commercializzarli e arricchirsi alle spalle degli americani, senza aver prima investito né nella ricerca né nella sperimentazione. Si tratta di una violazione di ogni accordo commerciale mondiale, ma anche secondo gli Usa di una violazione delle leggi sullo spionaggio. Difatti nell'arco di quest'ultimo anno, fra il maggio del 2014 e la settimana scorsa, il Dipartimento della Giustizia ha incriminato 12 cinesi per spionaggio. L'anno scorso è toccato a cinque militari dell'Esercito cinese, membri della famosa Unità 61398 formata solo da specialisti di informatica, il cui compito è proprio di interferire nei sistemi degli altri Paesi e possibilmente depredare il depredabile.



IL CASO

I cinque - secondo i capi di accusa del Dipartimento della Giustizia Usa - si erano impadroniti di segreti della tecnologia solare, nucleare e dei metalli, invadendo aziende di importanza nazionale come la Westinghouse o la Allegheny Technology. I sette incriminati la settimana scorsa avrebbero agito programmaticamente per anni nell'accumulare il know-how da portare con sé in Cina e applicarlo per il proprio interesse. Tre degli incriminati - i professori Hao Zhang, Wei Pang, e Huisui Zhang - si erano laureati negli Stati Uniti, in California, nel 2006, ed erano poi andati a lavorare presso due società di Silicon Valley, Skyworks Solutions e Avago Technologies, dove hanno cominciato subito a raccogliere sistematicamente segreti relativi ai sistemi wireless, utilizzati nei telefoni iPhone, nei tablet e nei programmi GPS. Nel 2009 sono tornati in patria, e hanno formato una "joint venture" con l'università statale cinese di Tianjin per applicare commercialmente in Cina i segreti che avevano imparato in California. Hao Zhang è stato arrestato lo scorso martedì al suo arrivo a San Francisco, dove doveva partecipare a un convegno.

La Cina non ha reagito bene all'arresto, anche perché negli stessi Stati Uniti c'è chi non è convinto che quel che hanno fatto i tre professori sia vero e proprio spionaggio e non debba semmai essere punito semplicemente come "furto di proprietà intellettuale". Washington è assolutamente decisa invece a continuare su questa strada, anche perché insiste che le razzie del know how tecnologico non solo causano perdite oltre i 250 miliardi di dollari all'anno alle aziende Usa, ma comportano anche rischi per l'apparato militare poiché molti di questi segreti hanno anche utilizzazioni militari. E comunque nelle loro "esplorazioni", i cinesi si sarebbero anche appropriati di almeno una quarantina di programmi di nuove armi e di una trentina di progetti difensivi.

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