Serena Rossi: «Amore, musica, dramma: così sono diventata Mimì»

Serena Rossi
di Fiamma Sanò
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Venerdì 3 Agosto 2018, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 5 Settembre, 19:30
Mentre ancora si gode i frutti di quest’anno ricco di premi (Nastro d’Argento e David di donatello per Bang Bang, la canzone del film dei Manetti Bros Ammore e malavita) e tanta tv (bene Detto fatto in Rai2, di cui ha rifiutato la nuova conduzione dopo l’addio di Caterina Balivo, a Da qui a un anno, così-così su Real Time), la 32enne Serena Rossi – attrice, cantante, conduttrice – oggi va in vacanza. A Montefalcone nel Sannio (Campobasso) il paese di cui è originario suo nonno paterno, Emilio. «Il ricordo più bello dell’estate è legato a lui. Piccolo costruttore del boom economico a Napoli, teneva tanto alle sue origini contadine: ogni anno ci portava sul percorso che faceva lui da bambino per pascolare le pecorelle. E noi lo facciamo ancora oggi». 

A settembre Serena torna al cinema: sarà sul set di Brave ragazze, nuovo film di Michela Andreozzi con Ambra Angiolini e Luca Argentero. Da poco però ha appena finito di girare quello che per lei sarà il ruolo cruciale della stagione: Mia Martini in Io sono Mia, l’attesissima fiction di Rai1 dedicata alla straordinaria cantante calabrese. Prodotta dalla Casanova di Luca Barbareschi, scritta da Monica Rametta e diretta da Riccardo Donna, arriverà sugli schermi dopo il Festival di Sanremo 2019, a 30 anni esatti da Almeno tu nell’universo, canzone presentata all’Ariston nel 1989, attorno a cui ruota il racconto.

Laura Rametta dice che lei non si è limitata a interpretare la Martini, è diventata Mia… 
«Veramente? Bene. Perché ci sono entrata con tutta me stessa. Quando ho finito è stato dolorosissimo salutarla. Continuo ad ascoltarla molto, anche adesso: ho su Minuetto. Una delle mie preferite, scritta da Franco Califano, interpretato nel film da Edoardo Pesce. Una di quelle canzoni che ho studiato virgola per virgola».

La più difficile?
«Tutte le canzoni di Mimì lo sono. Partono con note bassissime e arrivano ad altezze inimmaginabili. Ho fatto un grande lavoro con Maria Grazia Fontana, mia vocal coach dai tempi di Almeno tu nell’universo di Tale e Quale Show». 

Mia Martini è il ruolo della vita?
«Non lo so. Di sicuro è un’occasione irripetibile». 

Come Rino Gaetano per Claudio Santamaria, Walter Chiari per Alessio Boni, Fabrizi De André per Luca Marinelli?
Sì. Solo che per un’attrice un ruolo così assoluto e complesso è raro. C’è il dramma, l’amore, il canto...».
La sfida più grande?
«Interpretare una donna così tormentata e lontana da me. Anche se poi era meridionale e fisica come la sottoscritta. Amava guidare, mangiare, cucinare, Mimì. Tifava Napoli. E Billy Joel era uno dei suoi artisti preferiti».

In amore non vi assomigliate di sicuro: lei è legata serenamente, da anni, al collega Davide Devenuto, padre di vostro figlio Diego, 1 anno e 9 mesi. Mia Martini invece è stata segnata dalla storia difficile con Ivano Fossati. Come ha vissuto, Serena, il fatto che il cantautore abbia impedito ogni riferimento a lui nella sceneggiatura? Non è stato possibile nominarlo, e neppure fargli fare il musicista: è raccontato come un famoso fotografo.
«Ci sono rimasta male. Mi è dispiaciuto proprio per lei, Mia. Anche se non raccontiamo due musicisti, abbiamo comunque messo in scena la storia di una grande passione, un grande amore, cercando di riprodurre le dinamiche e i sentimenti che a volte si creano nelle coppie di artisti». 

Anche Renato Zero non ha voluto essere nominato?
«Non ho capito bene cosa sia successo in quel caso. Erano molto amici (anche con Loredana Berté, che nella fiction è Dajana Gerardi, ndr), hanno iniziato insieme, stavano sempre insieme. Per fortuna, nella fiction, un altro amico mia ce l’ha».

L’argomento jella non l’ha mai spaventata? Lei è pure napoletana…
«Per me è una stronzata enorme. Una delle cattiverie più grandi che si possa fare a un artista. È un’accusa da cui non ti puoi difendere: come dimostri il contrario? Una diceria che a Mia ha rovinato tanti anni preziosi. E lei, con una dignità enorme, invece di cavalcare quella voce schifosa facendo magari interviste su interviste, ha deciso di ritirarsi in silenzio, in Umbria. Finché la vita l’ha riportata sulla scena, con i fuochi d’artificio».

Si è fatta un’idea della sua morte?
«Ha avuto un arresto cardiaco. Non ho voluto approfondire né farmi domande sul lato nero. Il film per questo si ferma al 1989: raccontiamo il lieto fine del ritorno».

Le piace questa visione rosea?
«Assolutamente sì. Perché quando la gente pensa a Mia Martini pensa “poveretta”, la sfortuna, forse il suicidio… Invece non è così: il nostro obiettivo è riportare l’esempio di grande forza e di grande donna che è stata».
 
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