Sciopero 8 marzo, Teresa Bellanova: «Si rischia di svilire questa forma di lotta»

Sciopero 8 marzo, Teresa Bellanova: «Si rischia di svilire questa forma di lotta»
di Valeria Arnaldi
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Giovedì 9 Marzo 2017, 00:11 - Ultimo aggiornamento: 17:16
ROMA Braccia conserte per la Giornata internazionale della donna.

Teresa Bellanova, viceministro dello Sviluppo Economico, cosa pensa dello sciopero effettuato ieri?
«Lo sciopero è uno strumento importante che va finalizzato, almeno per la tradizione del movimento sindacale. In Italia, siamo abituati a utilizzarlo per specifiche vertenze a livello aziendale o come iniziativa politica generale. La valutazione poi devono farla i titolari del diritto di sciopero, pure all’interno delle organizzazioni sindacali. E da noi, mi pare che anche grandi confederazioni non abbiano aderito. Il fatto positivo è la riemersione di un poderoso movimento delle donne».

L’iniziativa rischia di svilire lo sciopero?
«È proprio per questo che credo che le organizzatrici dovranno sviluppare bene un mezzo che consenta il confronto per essere realmente incisive e non snaturare strumenti che hanno una valenza di grande rilievo».

Guardando anche agli effetti immediati...
«Bisogna sempre prestare attenzione alle ricadute delle proprie manifestazioni. I servizi pubblici non vengono usati da frange di privilegiati ma da cittadini e cittadine che magari non hanno altra alternativa». Quali sono, secondo lei, le conquiste recenti più significative nella battaglia per i diritti delle donne? «La legge sul caporalato equiparato a reato di mafia. Quella contro le dimissioni in bianco. E il congedo di tre mesi retribuito al 100% per le donne vittime di violenza».

E, invece, le sfide più urgenti?
«Dare sempre più pari opportunità per far entrare le donne nel mercato del lavoro, facendo partire con maggior forza un movimento politico e culturale. Il lavoro non è solo questione di reddito e autonomia economica, ma per molte è uno strumento di identità. Se oggi l’occupazione maschile è al 67% e quella femminile al 45% significa che si deve continuare a lottare. Bisogna dare più spazio alle donne pure per portare innovazione».

Quali crede siano gli strumenti migliori per questa lotta?
«Occorre fare rete. Dove è una donna a decidere ci sono maggiori possibilità di ingresso nel lavoro per altre. Si deve smettere di pensare solo a se stesse e disinteressarsi della questione quando si è arrivate. Abbiamo il compito di lasciare un mondo migliore alle nostre figlie».

“Bocciato” lo sciopero, quali mezzi più efficaci ritiene che la gente abbia per far sentire la propria voce?
«Ho visto piazze colorate e molte manifestazioni, donne riunite non per scioperare ma per discutere. La presenza lì disegna la necessità di avere sempre più luoghi per il dialogo».

Non tutte però possono concedersi il “lusso” di manifestare…
«Se si costruisce un grande movimento ognuna partecipa con la propria condizione. Ciò che conta è che non sia fatto di avanguardie. Bisogna riuscire ad avere parole d’ordine che facciano rete». 
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