Il direttore Sarah Varetto: «La sfida di Sky non è un derby Roma-Milano»

Il direttore Sarah Varetto: «La sfida di Sky non è un derby Roma-Milano»
di Mario Ajello
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Mercoledì 1 Febbraio 2017, 00:20 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 09:48

Direttrice Varetto, la sede romana di Sky si trasferisce quasi tutta a Milano. Qual è il senso di questa storia?
«La ratio è questa. Sky Italia ha creato un hub produttivo, all’avanguardia, a Milano. Questo centro è cresciuto molto negli anni e lì l’azienda ha deciso di trasferire e concentrare molte delle attività, tra cui il telegiornale. Quella di via Salaria, dove siamo adesso, è la sede storica del nostro telegiornale ma è arrivata ormai all’obsolescenza. Per poter guardare al futuro, SkyTg24 ha bisogno di un rinnovamento tecnologico profondo, che gli permetta sempre di più di non essere soltanto un canale televisivo ma un protagonista dell’informazione anche su tutte le altre piattaforme».

 

Questa sfida dell’innovazione non si potrebbe giocare a Roma?
«Questo investimento l’azienda ha deciso di farlo dove ha il suo centro produttivo d’eccellenza. Ossia nella sede di Santa Giulia, in zona Rogoredo. E’ un approdo di cui si parla da tanti anni».

Lo raggiungete adesso, perché considerate Roma meno attrattiva di prima?
«Non è assolutamente questa la ragione. Non esiste un derby Roma-Milano. Tant’è che noi non disinvestiamo affatto nella Capitale. Proprio di fronte a Montecitorio, nel cuore delle istituzioni, avremo una nuova sede, dove sarà ospitata la redazione politica, la redazione del Centro Italia e dove avremo anche un nuovo studio in grado di garantire produzioni all’altezza di SkyTg24».

Intanto i ricavi e il numero degli abbonati crescono, ma nel piano di riorganizzazione sono previsti 200 licenziamenti a Roma e Milano, tra cui una decina di giornalisti. E gli scioperi sono già cominciati.
«Noi abbiamo lavorato e stiamo lavorando per ridurre gli impatti negativi sulle persone. Si apriranno dei tavoli sindacali. Io auspico che verrà trovata una sintesi tra le diverse posizioni e continuerò ad adoperarmi per un accordo. Ma ci tengo a specificare: in questa fase, non ci sono licenziamenti. La strada che ha scelto l’azienda è quella più lunga e più complessa ma che si basa su una trattativa sindacale, che definisca perimetri e condizioni di future trattative individuali per quanto riguarda trasferimento e scivolo. C’è la volontà di portare avanti questo piano nel rispetto delle persone e questa è la fase dell’ascolto. Io, come altre figure dell’azienda, sto parlando con le singole persone. Per capire le esigenze di ognuno».

Ci saranno agevolazioni per chi si trasferisce?
«Abbiamo definito diverse forme di incentivi, assistenza, supporto ai singoli e alle famiglie e riallocazione professionale. Ma questa sarà materia di contrattazione sindacale e quindi mi fermo».

E’ urgente una maggiore innovazione perché Amazon e Netflix sono concorrenti sempre più insidiosi?
«Sky ha scelto di fare informazione in questo Paese e di farla nel migliore dei modi possibile. Siamo sempre stati una testata cui viene riconosciuto di essere pluralista, indipendente, imparziale e professionale. Questo progetto di riorganizzazione mira a dare, su un lungo periodo, la sostenibilità economica e finanziaria a SkyTg24».

Ma la politica vuole vederci chiaro. Teme il rischio dell’abbandono di Roma. Lei che dice?
«Non entro nelle polemiche di questo tipo. I temi sollevati dalla politica non c’entrano nulla con i progetti di trasformazione tecnologica intrapresi da Sky».

C’è chi dice che il trasloco del tiggì sia un indebolimento di una voce della libera informazione. Respinge anche questo rilievo?
«Ma certo. La libertà d’informazione non c’entra assolutamente nulla con questo progetto. Io lavoro a Sky da tanti anni, prima come capo della redazione economica e poi come direttore. E posso dire di non avere dovuto mai subire condizionamenti o pressioni di tipo aziendale o politico. Questo non dipende dalla città in cui si opera».

Stare più distanti dai luoghi della politica romana potrà giovare al racconto giornalistico?
«Innanzitutto non saremo distanti, perché come le dicevo avremo una sede di fronte a Montecitorio.
E poi, sarà importante - e ci tengo molto a questo - saper raccontare davvero che cosa si agita nel nostro Paese, guardandolo da angoli visuali differenti. Sennò, si rischia di fare la fine delle testate blasonate americane la notte dell’elezione di Trump. Questo è il motivo per cui ci sarà non un indebolimento ma un rafforzamento della nostra presenza sui territori». 

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