Sandra Bullock in Bird Box: «Ora divento una dura, anzi, un maschio alfa, per difendere i figli»

Sandra Bullock in Bird Box: «Ora divento una dura, anzi, un maschio alfa, per difendere i figli»
di Ilaria Ravarino
4 Minuti di Lettura
Martedì 18 Dicembre 2018, 00:31 - Ultimo aggiornamento: 14:41
«Se ti levi la benda muori. Se guardi muori. Se non fai quello che ti dico muori. È chiaro?». Mette una certa inquietudine Sandra Bullock in versione riot girl postapocalittica negli intensi primi piani di Bird Box, efficace thrillerone natalizio distribuito da Netflix dal 21: machete in mano e coltello fra i denti, il premio Oscar per The Blind Side, a 54 (insospettabili) anni è a suo agio nel ruolo di una madre decisa a portare in salvo – costi quel che costi – i suoi bambini.

Diretta dalla danese Susanne Bier su adattamento del bel bestseller di Josh Malerman, Bullock interpreta Malorie, tra i pochi sopravvissuti a una misteriosa epidemia di suicidi che ha decimato la popolazione mondiale. E da cui sembra ci si possa salvare solo in un modo: privandosi della vista.

Nel film Malorie maneggia fucili, pugnali, machete, coltelli, pagaie. Incinta. Al nono mese.
«E allora? Le madri sono fortissime. Purtroppo vengono sempre rappresentate come principesse Disney, delicate, con gli uccellini che cantano intorno. E invece possono essere aggressive come orsi. In questo film Malorie è la leader. Anzi, il maschio alpha. E fronteggia la paura più grande per un genitore».

Cioè?
«Che ai tuoi figli possa accadere qualcosa per cui non li hai preparati».

Lei a cosa prepara i suoi due bambini?
«I miei bambini sono afroamericani: li ho dovuti preparare alla possibilità di essere discriminati. Non posso far finta che non accada. Ma senza terrorizzarli. Spero che il mondo cambi nei prossimi dieci anni. Voglio che siano felici, che diventino brave persone. Che vadano a Harvard o facciano i ciabattini, per me è lo stesso».

E i social network? Li prepara anche a quelli?
«Non voglio passare per un’ingenua: mi interessa sapere come funzionino prima che i miei figli inizino a usarli. Ma non ho profili miei. Dovrebbero essere lo specchio delle nostre vite, e invece li usiamo per mentire».

I suoi figli hanno avuto un baby sitter d’eccezione: George Clooney.
«Posso scrivergli le referenze, è bravissimo. Quando abbiamo lavorato insieme (per Gravity, ndr) li ha letteralmente stalkerizzati riempiendoli di foto. Lo beccò un paparazzo, scrissero fiumi di articoli sul suo ritrovato spirito paterno. In realtà a quel tempo non aveva al fianco la persona giusta. Guarda adesso che fine ha fatto, due anni dopo. I miei bambini lo adorano».

In Bird Box ha dei primi piani bellissimi. Non tutte, dopo i vent’anni, li portano con la sua classe.
«Io li odio. Quando non giri per il cinema, i primi piani sono una maledizione. Non ci sono filtri, con il video vedi tutto, non puoi barare. Sfido qualsiasi attrice a piacersi. Grazie al cielo puoi sempre supplicare qualcuno di photoshopparti. Il photoshop, nel mondo del digitale, è il tuo migliore amico. È come quando fai una copertina per un magazine: non dico che devi cambiarti i connotati, ma insomma, nemmeno infliggere al pubblico tutti i dettagli».

E il mito della bellezza naturale?
«La bellezza oggi è costruita a tavolino, al cento per cento. Del resto se ti svegli con l’allergia, come è capitato a me, e hai gli occhi rossi e gonfi, e devi andare sul set, cosa fai? Supplichi l’esperto. E con l’età, siamo sinceri, va sempre peggio».

Hollywood pretende la bellezza eterna?
«La pressione c’è, ma per fortuna io non mi sono mai accreditata come l’attrice sexy o la bomba del sesso. Sono sempre stata la ragazza della porta accanto, quella simpatica che non rappresentava un ideale assoluto di bellezza. Quindi vivo tutto con più rilassatezza. Mi sento una comica, far ridere gli altri mi fa sentire bene».

Si piace sui red carpet?
«Certo. Ma mi viene anche un po’ di tristezza. Perché non posso mica mantenermi così, con quei capelli, quei vestiti, quei tacchi. Sul tappeto rosso non sono io. Devo farlo per lavoro e certo non mi lamento. Ma mi rendo conto che è tutta solo una grande fantasia. Poi torno a casa, mi faccio una doccia, mi strucco. A volte spavento mio figlio».

Scusi?
«L’altro giorno è piombato in camera urlando perché aveva visto un ragno in bagno. Erano le mie ciglia finte, le avevo dimenticate sul lavandino».

Il segreto del suo successo?
«Non si vede? Mai prendersi sul serio».
 
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