San Marino licenzia il suo governatore

San Marino licenzia il suo governatore
di L. Ram
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Giovedì 31 Agosto 2017, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 1 Settembre, 09:12
Scontro al calor bianco ai vertici della Repubblica di San Marino, dove ieri il governatore della Banca Centrale ha chiesto il licenziamento del presidente del principale istituto di credito del Titano ed è stato, per questo, a sua volta sfiduciato dagli organi di governo del piccolo Stato.

L’epilogo si è consumato in poche ore, ma la battaglia per riportare equilibrio nelle finanze del Titano, soprattutto in quelle devastate della locale Cassa di Risparmio, dura da molti mesi: come spesso capita in queste circostanze, sono bastate poche righe per far deflagare lo scontro. Eccole: «Si invita codesto consiglio di amministrazione a dichiarare la decadenza, con effetti immediati, del dottor Nicolino Romito dalla carica di presidente del consiglio della Cassa di Risparmio di San Marino». Firmato: Lorenzo Savorelli, direttore generale della Banca Centrale della Repubblica del Titano. Secca come una fucilata, la lettera è piombata ieri mattina sul tavolo del consiglio di amministrazione della Cassa. Motivo della perentoria richiesta: Romito aveva taciuto il fatto di essere indagato in un procedimento per usura, non disponendo così dei requisiti di onorabilità necessari per rivestire il ruolo di presidente della Cassa.

Ed ecco il colpo di scena: nemmeno tre ore dopo, in nome del governo locale il Comitato per il Credito e il Risparmio si riuniva per decretare la sfiducia a Savorelli ritenendo «di non poter considerare più esistente il necessario e inabdicabile rapporto di fiducia che caratterizza la permanenza in servizio del direttore generale della Banca Centrale». Per tali motivi, spiega la nota, «il Comitato ha formalmente rivolto l’invito al Consiglio direttivo della Banca Centrale a valutare l’immediata cessazione del rapporto lavorativo con il dottor Lorenzo Savorelli». Firmato: i Segretari di Stato Simone Celli, Nicola Renzi, Guerrino Zanotti ed Andrea Zafferani.

VORAGINE DA MEZZO MILIARDO
Che cosa ha spinto il governo del Titano a muovere tanto violentemente contro un banchiere che pochi mesi fa aveva ricevuto i complimenti del Fondo monetario internazionale, al quale si era rivolto per avere vigilanza e sostegno nell’opera di risanamento del settore creditizio del piccolo Stato? I prossimi giorni aiuteranno a capire di più. Intanto vanno segnalate le dure accuse di Savorelli alla Cassa di Risparmio e al suo management (tra cui Vladimiro Renzi padre del Reggente Nicola Renzi), giudicato tra i responsabili del dissesto finanziario della Città Stato. Nella relazione inviata al Comitato per il credito, si parla infatti di modus operandi del management che ha ostacolato il lavoro dell’istituzione con «dati parziali» e «con risposte fornite in ritardo» davanti a una crisi che perdura dal 2010.

Tra le anomalie più gravi che la Banca Centrale porta in evidenza ci sono «la continua richiesta di finanziamenti senza l’impegno a trovare una soluzione per tale carenza di liquidità; il perseguimento di interessi estranei a quello dell’impresa bancaria nella concessione degli affidamenti; la mancanza di autonome decisioni sugli affidamenti, mentre il pricing non tiene in debita considerazione il rischio di insolvenza delle società affidate nel tasso applicato; la mancata acquisizione delle garanzie deliberate dall’organo amministrativo; le condizioni economiche applicate difformi da quelle deliberate; i casi in cui l’internal audit, la Direzione Generale, il collegio sindacale nonché i consulenti e legali esterni ed interni non hanno esercitato il dovuto controllo».

«Tutte le segnalate carenze, omissioni, inadeguatezze e commistioni - prosegue il documento - unitamente alla cattiva gestione delle dirigenza ed il mancato controllo interno del collegio sindacale ed esterno delle società di audit e di revisione, hanno portato alla forte compromissione dell’attività bancaria che ha condotto all’attuale collasso». Un collasso che si traduce in una voragine non inferiore al mezzo miliardo di euro andato in fumo nonostante le ripetute iniezioni di mezzi freschi (per svariate centinaia di milioni) da parte del locale Tesoro.
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