La rapina sventata dai romani a Cinecittà: «È bastata una mossa di karate»

La rapina sventata dai romani «È bastata una mossa di karate»
di Michela Allegri e Camilla Mozzetti
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Giovedì 7 Novembre 2019, 00:55 - Ultimo aggiornamento: 20:30

Non è stato lasciato da solo a vedersela con quei due malviventi che martedì sera hanno fatto irruzione nel suo bar con l’intento di rapinarlo. Chaokang Zhou, 56 anni, titolare dell’“Europeo” in viale Antonio Ciamarra – quartiere Cinecittà Est di Roma – ha potuto contare sul coraggio di alcuni clienti, compresa una donna, che hanno braccato uno dei due rapinatori, Enrico Antonelli, mentre l’uomo, entrato per primo nel locale e armato di una pistola, ha preteso che gli fosse consegnato l’incasso della giornata.

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Uno di loro l’ha atterrato con un colpo di karate, mentre la signora si sarebbe praticamente seduta su di lui, impedendogli di muoversi mentre gli altri clienti lo disarmavano. È tutto ripreso dalle telecamere di sorveglianza del locale. Ma la traiettoria del colpo che ha ucciso il secondo rapinatore, Ennio Proietti, 69 anni, non è chiara. Proietti, infatti, è stato ripreso mentre interviene in soccorso dell’amico, ma poi esce dal raggio delle telecamere. Per il momento, Antonelli, che è in ospedale, è stato fermato per tentata rapina. Mentre il fronte dell’omicidio resta ancora incerto.

I FOTOGRAMMI
I fotogrammi della rapina sono chiari solo in parte. Zhou appena vede uno dei due rapinatori, trova il coraggio di balzare fuori dal bancone e assalire Antonelli che viene braccato anche da due clienti e da una donna, moglie di uno dei due. Proietti, che morirà dopo esser stato raggiunto all’addome da uno dei diversi colpi esplosi (se ne sentiranno almeno 4), si ferma all’ingresso dell’“Europeo” a fare la guardia. Alle spalle ha una condanna scontata a 30 anni per il rapimento e l’assassinio di Giovanni Palombini ed era legato anche alla famiglia dei cosiddetti “pesciaroli”, branchia iniziale della banda della Magliana, entrati poi in rotta di collisione con l’organizzazione criminale, perché ritenuti responsabili della morte del “Negro”, al secolo Franco Giuseppucci.

Sono attimi concitati quelli di martedì sera, poco dopo le 18.30. I due malviventi arrivano di fronte al locale in sella a un motorino, che verrà parcheggiato a qualche metro di distanza dal bar e che sarà lasciato acceso. 

«COSÌ HO AIUTATO ZHOU»
Il primo a entrare armato è Antonelli, pure lui con un excursus di primo piano nella mala romana: coinvolto, nel 1999, nel ferimento del maresciallo dei carabinieri Marco Coira. Proietti, qualche metro indietro, resterà sull’uscio a fare il “palo”. Quando il titolare del bar assale Antonelli, a dargli una mano sono anche alcuni clienti e una donna. «L’ho atterrato con un colpo di karate» dirà uno di loro, «ci siamo spaventati però non potevamo non intervenire». Sua moglie, quando il rapinatore sarà spinto a terra, gli si siederà anche sopra per fermarlo. Ma in questa concitazione partono anche diversi colpi di pistola. Sul posto, gli agenti di polizia della Squadra Mobile e gli uomini della Scientifica troveranno un proiettile a terra. Un secondo è stato tolto dalla gamba del titolare del locale all’ospedale Umberto I, mentre un terzo è ancora conficcato nel corpo di Proietti. Oggi la Procura nominerà il medico legale per l’autopsia. Formalmente, il procuratore aggiunto Nunzia D’Elia ha aperto un secondo fascicolo per tentato omicidio (il cinese non risulta indagato) disponendo inoltre una consulenza balistica per chiarire la dinamica della sparatoria. 

LA RICOSTRUZIONE
Nelle mani degli inquirenti ci sono già le immagini del circuito interno di videosorveglianza che hanno cristallizzato solo l’aggressione ad Antonelli. Proietti entra per un attimo in una delle inquadrature ma poi sparisce. Le riprese non chiariscono quale sia stato il colpo che ha ucciso l’uomo e da quale pistola – un revolver e una semiautomatica – sia partito. La Mobile ha ricostruito una scena verosimile: il proiettile è stato esploso da Antonelli che, armato, al momento della colluttazione con il proprietario del bar e con i clienti, nel tentativo di liberarsi, avrebbe sparato inavvertitamente contro il complice. Il cinese non può aver sparato anche se sul suo profilo Facebook ci sono tracce di esercitazioni in un poligono.

Non dispone di un’arma né risulta possessore di un permesso. Gli inquirenti escludono che possa aver usato una delle due pistole dei rapinatori per difendersi. Sul perché Proietti e Antonelli (che non risulta avessero rapporti) abbiano puntato proprio quel bar si è fatta luce quasi subito. Solo per un istante gli inquirenti hanno preso in considerazione l’ipotesi che si fosse trattato di un tentativo di estorsione, ma la supposizione è tramontata: probabilmente i due hanno preso di mira un bar-tabacchi ampio che è anche ricevitoria in una zona periferica della Capitale convinti di poter mettere a segno una rapina “facile”. 
 

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