Il senatore Zanda: «Una legge speciale per Roma, qui il Pd ha una storia nobile»

Il senatore Zanda: «Una legge speciale per Roma, qui il Pd ha una storia nobile»
di Alberto Gentili
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Venerdì 12 Giugno 2015, 23:53 - Ultimo aggiornamento: 13 Giugno, 00:07
Serve una nuova idea di città per progettare il futuro della Capitale. E serve uno schema di governo diverso grazie a una legge speciale che ne determini il profilo adeguato con poteri e risorse da città-Regione, perché nonostante tutto Roma è piena di risorse positive». Luigi Zanda, capogruppo del Pd in Senato e regista del Giubileo del Duemila, indica la strada per il rilancio della Capitale. Con un’analisi impietosa: «La corruzione è diventata un’epidemia, interi pezzi della società sono passati alla malavita. L’attività delittuosa è diventata un fenomeno sociale». Ma partiamo dall’inizio.



Presidente, il sindaco Marino nel forum con “Il Messaggero” ha lanciato un segnale di speranza: «Abbiamo demolito il sistema corruttivo, ora può ricominciare la ricostruzione». E’ d’accordo?



«Malgrado tutto il marciume che sta emergendo, Roma è piena di risorse positive, di persone per bene e di qualità. Il terreno che Marino deve battere è quello della vista lunga, dell’ambizione del vero cambiamento. A Roma l’amministrazione comunale e i grandi servizi pubblici debbono essere rinnovati partendo dalle radici. E bisogna proporre un’idea di città, lanciare un programma che non guardi solo all’immediato e letteralmente progetti il futuro della Capitale».

Quale dovrebbe essere questa “idea di città”?

«Roma deve diventare una capitale all’altezza delle altre grandi capitali europee. Bisogna valorizzare la straordinaria personalità di Roma, offrendo servizi pubblici efficienti e immettendo nell’amministrazione gli anticorpi per battere la corruzione. Serve uno schema di governo diverso. A Roma occorre una legge speciale che ne determini il profilo istituzionale adeguato, con poteri e risorse da città-Regione, accade per gran parte della capitali europee».



Sta dicendo che la legge su Roma Capitale non basta?

«Sì».



Più in generale, come si abbatte la corruzione?

«Bisogna capire cos’è la corruzione romana. Ciò che emerso a Roma è gravissimo, siamo di fronte a delitti che sono diventati un’epidemia sociale. Oppure anche il contrario: siamo di fronte a pezzi di società che dalla vita civile sono passati alla malavita».



Un fenomeno corruttivo capillare.

«Sì. Da un lato c’è un gruppo di banditi violenti che operano secondo metodi mafiosi. Sono loro, i Buzzi, i Carminati, che comandano, corrompono, decidono, condizionano, arruolano. E dall’altro lato c’è una rete di complici. Una rete in cui però non c’è nessun grande industriale, nessun leader politico nazionale. Insomma, nulla a che vedere con lo scandalo internazionale della Fifa o, pensando a Tangentopoli, con lo scandalo della tangente Enimont. A Roma sono coinvolti consiglieri comunali, qualche capetto dei municipi, funzionari pubblici e piccoli impiegati, piccole imprese e cooperative».



Che però facevano il bello e il cattivo tempo...

«Il punto è proprio questo: l’attività delittuosa è diventata un fenomeno sociale. Questa configurazione dello scandalo romano rende la crisi più grave: dimostra quanto la società sia stata permeata. E sullo sfondo di tutto questo c’è la crisi dello Stato, della sua autorità e presenza capillare».



Marino ha puntato il dito contro il Pd romano, ha detto che hanno cercato di fermarlo e poi di cacciarlo. E’ vero?

«Il Pd romano ha passato periodi di grande nobiltà. Ci sono stati sindaci come Petroselli e Argan, come Rutelli e Veltroni che hanno amministrato con saggezza e onestà. Poi purtroppo frange del Pd romano, durante il quinquennio di Alemanno, sono state tentate. E hanno ceduto».



Il commissario Orfini sta facendo pulizia, basta o serve qualcosa di più?

«Orfini sta lavorando bene sul partito, ma per battere una corruzione come quella di Roma ci vuole altro. La presenza di Orfini è la prova di quanto il Pd abbia a cuore la legalità e la buona amministrazione. Ma la corruzione è un fenomeno non solo romano. Servono rimedi profondi».



Quali?

«Intanto c’è bisogno che lo Stato sostenga fortemente la scuola, la famiglia, i corpi intermedi. Solo così si forma e si forgia la forza morale delle persone che è la sola che permette di resistere alla corruzione. Tutti i pubblici amministratori sono stati avvicinati dai corrotti, la maggior parte di loro ha resistito grazie alla propria forza morale».



Leggendo le intercettazioni è però quasi impossibile trovare qualcuno che non avesse contatti con Buzzi...

«I contatti con persone incensurate che poi si rivelano dei banditi sono sempre possibili. La cosa grave è il cedimento alla corruzione. C’è un importante lavoro da fare anche sui partiti: bisogna rafforzare la presenza sul territorio, rinforzare sezioni e circoli, occorre una legge che regoli i partiti attuando l’articolo 49 della Costituzione. Infine, è indispensabile una riflessione sugli strumenti di controllo che oggi troppo spesso si rivelano inefficaci: dobbiamo chiederci se il controllo di legittimità degli atti delle Regioni e degli enti locali non debba vedere in questa fase così delicata, e come in passato, un penetrante ruolo dello Stato».



Il Pd ha deciso che Marino e Zingaretti debbano restare al loro posto in quanto «argini contro il malaffare». Una parte dell’opinione pubblica non la pensa allo stesso modo.

«Il problema non è far dimettere le persone oneste, ma mandare i galera i delinquenti. Zingaretti ha fatto benissimo e Marino è stato eletto dai romani ed è una persona di riconosciuta onestà e rigore morale. Dobbiamo saper distinguere tra la stragrande maggioranza della politica che è sana e la minoranza malata».



Sul Campidoglio pende il rischio del commissariamento. Il prefetto Gabrielli ha detto che utilizzerà tutti e 45 i giorni previsti dalla legge prima di decidere.

«I prefetti sono organi dello Stato, lo ricordo a Maroni che non può impartire ordini ai prefetti della Lombardia. Gabrielli è un ottimo funzionario. Come tutti i funzionari pubblici, anche i prefetti servono il Paese con spirito costituzionale, così come fa Gabrielli. Ma riferiscono al governo e non fanno interviste».



C’è però il rischio di commissariamento per infiltrazioni mafiose?

«Sulla base di quello che leggo no, non ci sono gli estremi».



Lei è capogruppo del Pd in Senato, dove la maggioranza è appesa a pochi voti e i ribelli dem sono 24. Le riforme sono in pericolo?

«Siamo abituati a superare i rischi di maggioranze molto limitate. Il gruppo del Pd merita un elogio, senza distinzioni di appartenenza, per l’impegno quotidiano».

Sarebbe utile il soccorso di un gruppo di “responsabili” guidati da Verdini?

«Penso che la maggioranza debba essere autosufficiente. Poi, naturalmente, ben venga un più vasto consenso anche dell’opposizione per le riforme costituzionali e di sistema».



La vicenda del senatore Azzollini non semplifica le cose. Cosa farà il Pd?

«I nostri senatori della Giunta per l’immunità leggeranno le carte, verificheranno l’esistenza o meno del fumus persecutionis e poi decideranno. Senza alcuna pregiudiziale. Così è stato in passato, così sarà per Azzollini».

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