L’emergenza rifiuti ora obbliga Roma alla discarica in città

L’emergenza rifiuti ora obbliga Roma alla discarica in città
di Mauro Evangelisti
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Domenica 21 Luglio 2019, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 22:15

Roma dovrà fare la discarica, dovrà farla in fretta. Ama non ha neppure un piano industriale, così la Capitale rischia di subire le iniziative di altri soggetti. Significa continuare a pagare cifre ingenti per smaltire i rifiuti.

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Partiamo dalla notizia: il piano regionale dei rifiuti è pronto, l’assessore Massimiliano Valeriani lo porterà in giunta venerdì prossimo o, al più tardi, tra dieci giorni. Gli uffici tecnici stanno svolgendo le ultime analisi e concludendo la Vas (valutazione ambientale strategica). Dalle linee generali del piano, già note, è stato anticipato che ogni bacino dovrà essere autosufficiente: vale per tutte le province del Lazio, ma viste le dimensioni, Roma Capitale avrà un suo bacino. Dovrà dotarsi di un impianto di smaltimento: una discarica.

Dove la realizzerà? Un piano dei rifiuti non decide i siti, raccoglie le indicazioni inviate dalle province (per Roma dalla Città metropolitana) delle “aree bianche”, delle zone dove potenzialmente non vi sono ostacoli per realizzare una discarica. Dopodiché chi vuole - Ama stessa ma anche gruppi privati - presenta un progetto che viene esaminato da una conferenza di servizi in Regione, con tutti gli enti interessati, a partire da Roma Capitale. Sta succedendo, ad esempio, per il progetto di Pian dell’Olmo (XV Municipio, a nord di Roma), presentato da un gruppo abruzzese, e per quello di Monte Carnevale, vicino a Malagrotta. E c’è chi teme anche il rischio del ritorno al passato con la nomina di un commissario.

INERZIA
Come mai Roma Capitale e Ama hanno rinunciato a svolgere un ruolo da protagonisti e stanno subendo le decisioni? La sindaca Virginia Raggi e il Movimento 5 Stelle avevano puntato tutto sul potenziamento del porta a porta. Dissero: la differenziata crescerà moltissimo e di conseguenza diminuirà drasticamente l’indifferenziato, la discarica non servirà. Ma in tre anni a Roma la differenziata è cresciuta, stando alle stime più ottimiste, appena del 3 per cento (eravamo arrivati al 46 per cento, ma con la crisi di giugno e luglio probabilmente quel dato è crollato). E poiché è aumentata, complessivamente, la produzione della spazzatura, di riflesso nel 2018 è aumentato l’indifferenziato da smaltire: quasi un milione di tonnellate. Questa deriva e l’inerzia sul fronte degli impianti hanno contribuito alle periodiche crisi della raccolta. E condannano Roma e l’Ama a dipendere dalle scelte di altri, anche dei privati.

Succederà anche per la nuova discarica. Il piano dei rifiuti della Regione imporrà a Roma Capitale l’autosufficienza per lo smaltimento: con la differenziata lontanissima dalle percentuali promesse, servirà una discarica di servizio. All’orizzonte c’è anche un altro spettro: due delle tre che Ama sta utilizzando fuori dai confini di Roma Capitale chiuderanno presto. Ricapitoliamo: ogni giorno Roma produce circa 3.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati (d’estate qualche centinaia di tonnellate in meno). Vanno negli impianti di trattamento. Successivamente una parte degli scarti finisce in discarica. Attualmente sono disponibili nel Lazio quattro impianti di questo tipo: Colleferro (Roma), Roccasecca (Frosinone), Viterbo e Civitavecchia (Roma). Ma la discarica di Colleferro si sta esaurendo e chiuderà tra poco più di cinque mesi; Roccasecca finirà la sua attività in primavera.

FANTASMI
Nel piano dei rifiuti regionali sono previsti anche centri per il riuso e impianti di trattamento di ultima generazione come quello che sarà realizzato a Colleferro, ma il vero problema è quella della discarica di servizio. Il terrore di una nuova Malagrotta ha bloccato qualsiasi iniziativa, anche se in realtà si sta parlando di un impianto completamente differente e di dimensioni molto più ridotte. Ma è come se il fantasma della grande buca continuasse a spaventare la Capitale e a condannarla alla crisi senza fine.

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