Amici robot, e il pupazzo uscì dall’uovo: il gioco più desiderato dai bambini, i peluche Hatchimals si covano e diventano grandi

Amici robot, e il pupazzo uscì dall’uovo: il gioco più desiderato dai bambini, i peluche Hatchimals si covano e diventano grandi
di Andrea Andrei
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Lunedì 28 Novembre 2016, 00:03 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 16:56
Tamagotchi prende vita. Dai tempi degli ovetti digitali con cui si poteva allevare il proprio mostriciattolo che hanno fatto perdere ore e ore di studio a un’intera generazione di ragazzini, di anni ne sono passati parecchi. Eppure si sa che, nonostante la tecnologia evolva, i gusti dei più piccoli restano pressoché invariati. Ecco perché oggi il regalo più desiderato dai bimbi di mezzo mondo, dai 5 agli 8 anni, assomiglia molto al Tamagotchi, con la differenza che stavolta è molto meno virtuale. Il nuovo fenomeno si chiama Hatchimals: peluche interattivi che nascono e crescono in base alle cure che a loro si dedicano. Ma ovviamente sono molto più di questo.

LA NASCITA
Perché gli Hatchimals vanno seguiti con premura fin da prima di venire alla luce: escono infatti da un uovo, e dal momento della schiusa in poi sviluppano le loro capacità in relazione a come si interagisce con loro. Gli occhi, che si illuminano di diversi colori, identificano le esigenze del cucciolo: accarezzandoli, coccolandoli e muovendoli, ad esempio mettendoli a testa in giù, i peluche (che tanto assomigliano ai Furby, pupazzi colorati dagli occhi giganteschi famosi negli anni ‘90) evolveranno imparando a compiere azioni sempre più complesse. E sempre più complesso sarà il modo di interagire: se inizialmente basterà farli correre o solleticarli, più avanti bisognerà battere le mani a tempo, cantare con loro e via discorrendo, attraverso tre fasi di crescita: neonato, cucciolo e adolescente. E per fortuna, ci sarebbe da dire, si fermano lì.

Se in Canada esistono cinque diverse specie di creature, attualmente in Italia ne sono disponibili solo due: i Pengualas (simili a pinguini) e i Draggles (che assomigliano a dei draghetti). Ma di che colore siano, lo si scopre solo quando l’uovo si schiude.

Un gioco che è già diventato un tormentone, ma che è anche entrato negli incubi di migliaia di genitori. Perché avere un cucciolo digitale oggi costa caro: per un Hatchimal (il nome viene dall’inglese “to hatch”, covare) occorre infatti sborsare dagli 80 ai 200 euro, in base alla rarità dell’esemplare. L’azienda produttrice, la canadese Spin Master, ha inoltre annunciato che domani sul sito shop.spinmaster.com saranno svelate nuove specie di Hatchimals. Per chi volesse acquistarli (si trovano sia su Amazon.it che nei negozi fisici di giocattoli) il consiglio è di approfittare di eventuali offerte in occasione dell’odierno Cyber Monday, giorno di sconti eccezionali dedicato i prodotti tecnologici.

I CLASSICI
Per un fenomeno che nasce, ce ne sono alcuni che non muoiono mai. E per rendersene conto basta dare un’occhiata ai giocattoli più venduti delle più famose piattaforme di e-commerce. Sembrerà essere tornati indietro nel tempo: ai primi posti ci sono, stabili, giochi come Twister (quello in cui ci si sfida ad essere snodati e a raggiungere le posizioni più improbabili), Taboo o Monopoly, oltre agli intramontabili mattoncini colorati dei Lego, che negli ultimi anni sono tornati in auge (i ricavi dell’azienda, nella prima metà del 2016, sono aumentati dell’11%) e che non smettono di esercitare il loro fascino sui bambini come anche sugli adulti.

I grandi classici vengono però affiancati dai videogiochi. In questo settore, per rimanere in tema di mostriciattoli, i Pokémon hanno aperto la via a un nuovo fenomeno per Nintendo 3DS che in Giappone è fra i più travolgenti del momento e che ormai si è affermato anche qui: Yo-Kai Watch. Il concetto è simile a quello dei Pokémon, solo che qui si ha a che fare con degli spiritelli che vengono scoperti e catturati dal protagonista tramite uno speciale orologio. Fondamentale è però la connessione che si stabilisce con loro per sfruttarne le abilità. Insomma, anche questo non è soltanto un gioco.

andrea.andrei@ilmessaggero.it

 
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