Spazzini alla guida, turni da 10 ore. Il caos della flotta per la raccolta

Spazzini alla guida, turni da 10 ore. Il caos della flotta per la raccolta
di Lorenzo De Cicco
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Giovedì 12 Dicembre 2019, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 1 Marzo, 16:22

Dalla ramazza al volante. E mica di un’utilitaria: degli autocompattatori, i bestioni di metallo che trasportano l’immondizia da un capo all’altro della Capitale. Senza un corso di formazione, una lezione per capire come comportarsi alla guida dei camion dell’immondizia. La coperta è corta e l’Ama, la municipalizzata dei rifiuti del Campidoglio, da anni, per coprire i turni, spedisce un plotone di dipendenti inquadrati come semplici spazzini al timone dei mezzi pesanti. Unico requisito necessario: avere la patente C.

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È uno dei tanti paradossi della società che si occupa della monnezza dell’Urbe, che non svetta certo nei ranking dell’efficienza nel pubblico impiego. E così, mentre a volte, quando metà della flotta, arci-datata, resta parcheggiata in garage per colpa dei guasti, gli autisti passano il turno a giocare a carte o al sudoku, altre volte ancora, soprattutto nei mesi in cui i conducenti si mettono in ferie, ci si comporta all’opposto. E si ricorre agli spazzini, riconvertiti d’urgenza come autisti, pur di assicurare la basculante raccolta dei sacchetti in giro per la città. Sempre senza cambiare la mansione sul contratto degli interessati, basta che il periodo “in prestito” duri al massimo 89 giorni, cioè meno di tre mesi.

E loro, gli orfani dello scopettone, sono ben felici di cambiare l’incarico, solitamente: i turni da autista sono remunerati circa il 20-30% in più di quelli da spazzino. Insomma, ci guadagnano tutti. Tranne, forse, sotto l’aspetto della qualità del servizio, come denunciano pure i sindacati. E della sicurezza. «Servono operai qualificati come autisti - dice Alessandro Bonfigli, coordinatore romano della Uil Trasporti - non “prestiti di manodopera”, in gioco c’è la maggiore efficacia del servizio. Altrimenti è inutile parlare di professionalità e di qualità delle prestazioni».

FUGA DALLA GUIDA
Il fatto è che la coperta dell’organico, si diceva, è sempre più striminzita. Fino a cinque anni fa gli autisti dei camion erano un migliaio, oggi, dopo pensionamenti e trasferimenti, sono rimasti all’incirca in 700. Nel frattempo, negli ultimi quattro anni, non è stato avviato nemmeno un concorso per arruolare nuovi conducenti. Ovvio allora che per tamponare le emergenze si ricorra a personale senza qualifiche. Oppure agli straordinari: di norma il turno al volante è di 6 ore e mezza. Ma capita di frequente che si scavallino le dieci ore. Spesso non per “allargare” i giri nei quartieri più in crisi - in fondo sarebbe anche positivo - ma perché i mezzi rimangono incolonnati davanti agli impianti stracolmi, a partire dal Tmb di Rocca Cencia, l’unico impianto di trattamento pubblico rimasto in funzione in città e quindi ciclicamente in sofferenza.

I CONTROLLI ANTI-DOPING
Altro tema che investe la sicurezza di chi guida i bisonti dell’immondizia: i controlli anti-doping, per capire se chi è al volante ha bevuto o si è drogato. Controlli di routine, anche se tra i sindacati c’è chi racconta di soffiate sospette e di conducenti che, proprio il giorno del test, in teoria “a sorpresa”, si danno malati e schivano l’ispezione. «Qualche falla nel sistema dei controlli c’è - rivelano sempre dalla Uil - c’è gente che si mette in malattia proprio nel giorno in cui sono previste le verifiche. Il sospetto che qualcuno avvisi in anticipo chi deve fare il test, viene, eccome».

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