Renzi: «Comunque vada il voto, Conte ora cambi passo»

Matteo Renzi
di Barbara Jerkov
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Giovedì 23 Gennaio 2020, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 16:13

Di Maio lascia il ruolo di capo politico M5S: un colpo alla tenuta della maggioranza, presidente Renzi, o al contrario un assist alla coalizione? 
«Non so se le dimissioni di Di Maio avranno un effetto positivo o negativo sui 5Stelle. Penso che i grillini abbiano iniziato una inesorabile discesa. Erano la novità, adesso sono il passato: del resto è facile fare il populista quando sei all’opposizione, ma se vai al governo tutto cambia. Anche l’esperienza di Virginia Raggi a Roma dimostra che i 5Stelle sanno fare opposizione ma non sanno governare. Detto questo provo rispetto umano per Di Maio: il mondo politico è pieno di miracolati che ottengono dal leader posti e incarichi. Quando sei al top tutti ti adulano, quando perdi tutti ti massacrano. Di Maio conoscerà l’amaro sapore che ha l’ipocrisia degli ex amici: nulla di nuovo sotto il sole, è capitato anche ad altri. E ancora capiterà». 

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Sta parlando di sé, o è una mia impressione?
«Quella mia e quella di Di Maio sono due storie profondamente diverse. Ma certo ipocrisia e ingratitudine sono presenti in tutto l’arco costituzionale. Ora speriamo si concentri sul far bene il ministro degli Esteri. L’Italia deve evitare di perdere posizioni importanti, a cominciare dalla Libia».
 



Lei è tra i padri di questa alleanza, su cui pochi avrebbero scommesso. Alla prova dei fatti, resta convinto sia stata una buona idea? 
«Questa coalizione ha ottenuto alcuni risultati. Non c’è stato l’aumento dell’Iva, abbiamo un commissario europeista, si sono messi soldi su famiglie, salute e lavoratori dipendenti, su export cultura e agricoltura possiamo tornare a fare affidamento per il futuro dell’Italia. In più - fondamentale - scende il costo degli interessi sul debito che in caso di elezioni sarebbe tornato a salire. Il problema è la crescita. Con noi si cresceva a ritmi notevoli, con i populisti siamo tornati a zero. Questo è il punto da cui ripartire e su cui si giocherà la credibilità della maggioranza. E per questo a Cinecittà il 1° e 2 Febbraio terremo la prima assemblea nazionale di Italia Viva presentando anche il Piano Italia Shock».

Ma come si è trovato a lavorare con M5S? Da fuori l’impressione è che le diffidenze non solo non siano scemate, ma semmai cresciute. Sbaglio? 
«Non ho rapporti diretti. Ma al netto di talune relazioni personali io non ho cambiato idea sui grillini e loro non hanno cambiato idea su di me. Stiamo insieme per una ragione di emergenza, non perché ci siamo fidanzati. E sul reddito di cittadinanza o su Quota 100 o sulla gestione dei rifiuti di Roma o sul giustizialismo continuo a pensarla in modo radicalmente diverso. Ma al Paese serve un governo che stabilizzi il quadro e non esasperi le tensioni: e l’Italia vale più delle mie legittime simpatie o antipatie. La politica si fa col sentimento, non col risentimento».

Iv ha contestato alcune delle misure-chiave del governo. Partiamo dalla prescrizione: davvero il 27 in aula potreste votare di nuovo il ddl di Forza Italia? 
«No, non sono misure chiave di questo governo. Sono le misure del governo Conte-Salvini, non di questo governo. L’abolizione della prescrizione l’hanno votata i leghisti ed è assurdo: un processo senza fine è la fine della giustizia. Noi proponiamo di tornare alle misure del nostro governo, leggi scritte dall’attuale vicesegretario del Pd Orlando e dall’allora viceministro Costa, misure che noi condividiamo totalmente. Abolire la prescrizione significa trasformare i cittadini in colpevoli a vita: è indegno del Paese del Beccaria. E se su questo Forza Italia vota con noi, per tornare alla nostra legge, sono contento non imbarazzato».

Autostrade: c’è un vostro emendamento al Milleproroghe per bloccare la revoca delle concessioni. Potrebbe passare con i voti del centrodestra? 
«Chi ha sbagliato deve pagare. I colpevoli di Genova devono pagare. E deve pagare Autostrade, come è ovvio. Ma per come è stata impostata la norma del governo facciamo fuggire gli investitori internazionali, facciamo licenziare migliaia di lavoratori incolpevoli e rischiamo di dover pure pagare i danni ad Autostrade. La politica è una cosa seria: urlare “via le concessioni” serve solo a prendere un like su Facebook. Chiediamo i danni ad Autostrade, facendo fare più manutenzione e abbassando i pedaggi ma non mettiamo a rischio le casse dello Stato, i posti di lavoro e la credibilità internazionale dell’Italia. Vogliamo giustizia, non giustizialismo».

Domenica si vota in Emilia: anche lei, come Delrio, pensa che ci saranno, checché ne dica Conte, ripercussioni politiche? 
«Lascio a Delrio le strategie politicistiche per il dopo. Io spero che vinca Bonaccini per l’Emilia Romagna. Ma comunque vada il giorno dopo non si deve aprire la crisi di governo. Apriamo i cantieri, altro che le crisi».

Il caso Gregoretti ha impattato non poco sulla campagna di Salvini: è proprio sicuro che sia stata una buona idea non votare in giunta sulla richiesta di autorizzazione? 
«Salvini trasforma tutto in uno show. Gli serve il processo per chiamare in causa Conte e dunque vota a favore dell’autorizzazione. Del resto l’uomo è il simbolo di una politica senza contenuti. Per bloccare lo spaccio, suona ai campanelli. Per affrontare l’immigrazione, sequestra una nave ogni tanto. Per aiutare le forze dell’ordine, si mette la felpa della polizia. Solo propaganda, niente sostanza. Ma la politica è un’altra cosa. E tra una piadina e un tortellino, intervallati dal digiuno meno credibile della storia, dovrà accorgersene anche lui prima o poi».

Lei ama ripetere che per quanto la riguarda la legislatura deve andare avanti fino al 2023: al nostro giornale, un paio di mesi fa, ebbe a dire “non so se con Conte o no”. Oggi come la pensa?
«Io non ho cambiato idea. Spero che da lunedì Conte cambi passo. Perché serve un’Italia che torni a crescere. E che riprenda il suo ruolo in Europa e nel Mediterraneo. Il tempo dei rinvii è finito». 
 

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