Giunta Raggi: generali di rinforzo, il piano naufraga

Giunta Raggi: generali di rinforzo, il piano naufraga
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 17 Luglio 2019, 00:21 - Ultimo aggiornamento: 00:31

Generali addio. Il progetto che doveva portare in Campidoglio un folto plotone di alti ufficiali “in prestito” dal Ministero della Difesa, al momento, si ferma qui. Dopo le dimissioni del generale Silvio Monti, durato meno di un mese ai vertici del Dipartimento Ambiente di Roma, in Comune rimarranno solo i 4 militari arrivati insieme a lui a fine maggio, tutti sistemati in distaccamenti di secondo piano dell’amministrazione. «Nessun nuovo ingaggio previsto», spiegano i tecnici del Personale. Né per l’Ambiente, né per altri settori. Lo stesso confermano i sindacati: «Dopo queste dimissioni, non è in programma l’arrivo di altri ufficiali».

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La «nuova epoca» annunciata da Virginia Raggi rischia quindi di chiudersi così. Con l’uscita del generale di Brigata nominato il 18 giugno scorso al timone di uno dei dipartimenti chiave della città. E forse anche quello più complicato da gestire, perché tiene insieme due settori arrivati al collasso: il Verde pubblico e la raccolta dei rifiuti. Il primo sconta un gap di manutenzione che si trascina da anni (ci sono voluti 24 mesi solo per assegnare un bando ordinario per le potature...) e difatti gli alberi nel 2018 hanno fatto registrare crolli record, come riportato in tutte le statistiche. Il Servizio Giardini, appena squassato da un’inchiesta per truffa con la sospensione di 9 dipendenti assenteisti, fa fatica a reclutare nuovi operatori. Ne avrebbe dovuti assumere 71 il mese scorso, ma solo in 36 hanno superato la selezione. Servirà una nuova procedura. Sui rifiuti la crisi è sotto gli occhi di tutti. Monti, come svelato ieri dal Messaggero, ha deciso di lasciare il dipartimento, formalmente per «motivi personali», dopo meno di un mese dall’incarico. La responsabilità del settore Ambiente di Roma sarà quindi affidata al vice più anziano. In attesa che si trovi un rimpiazzo, anche se in Comune non c’è la gara per sostituire il generale, anzi. La cosa è grave, perché mentre il dipartimento sbanda, non c’è nemmeno un assessore alla guida di questo delicato comparto: l’ultimo, Pinuccia Montanari, fedelissima di Beppe Grillo, si è dimesso cinque mesi fa, con polemiche e accuse contro Raggi.

L’ESPERIMENTO
La formula dei generali “in prestito” era stata sposata in pieno dalla sindaca, con tanto di annuncio nel maggio scorso di una «nuova epoca», partita sfruttando la «profonda sinergia sviluppata con il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta». Ministro a 5 Stelle. L’obiettivo era portare in Campidoglio alti ufficiali delle Forze armate, per capeggiare gli uffici che annaspano nella burocrazia. «Si tratta di professionalità di primissimo livello, con alle spalle una vita intera dedicata alle istituzioni con risultati autorevolissimi», diceva Raggi. Trenta l’anno scorso ha portato a dama la riforma degli elenchi dei militari “in ausiliaria”, quelli che, tra i 60 e i 65 anni, in alternativa al congedo possono iscriversi a una lista da cui pescano le amministrazioni di tutta Italia, per un massimo di cinque anni.

CERCASI MANAGER
Raggi aveva colto l’assist, anche per tamponare l’emorragia di dirigenti: erano 198 nel 2016, 190 nel 2017, l’anno scorso si è scesi a quota 168. Ora sono stati avviati nuovi concorsi - li sta sbloccando l’assessore al Personale, Antonio De Santis- ma nel frattempo la sindaca puntava sui militari. A loro, a fine maggio, sono stati assegnati 5 uffici. Non tutti di primo piano. Di fatto oggi solo un dipartimento, quello della Protezione Civile, è gestito da un membro delle Forze armate, il generale di divisione Giovanni Savarese. Per il resto, le Risorse Umane dei vigili sono state affidate al generale di Corpo d’armata Paolo Gerometta, la direzione dei Servizi Digitali a Giovanni Calcara, la Scuola di Formazione comunale al generale di Brigata Giuseppe Morabito. 
Avrebbe dovuto essere l’inizio di una sperimentazione più vasta, sfruttando gli elenchi messi generosamente a disposizione da Trenta. Ma non ci saranno altri ingaggi. «L’addio di un generale in un posto nevralgico - dice Natale Di Cola della Cgil - certifica che quella non era una soluzione strutturale, la verità è che servono concorsi».

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