Poste, il giallo delle buonuscite bloccate

Poste, il giallo delle buonuscite bloccate
di Andrea Bassi
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Mercoledì 28 Marzo 2018, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 29 Marzo, 09:58
I sindacati sono sul piede di guerra. I lavoratori delle Poste rischiano oltre il danno anche la beffa. Quelli che sono stati assunti prima della trasformazione del vecchio ente pubblico in una società per azioni, non solo si sono visti congelare la loro quota di «buonuscita pubblica» ai valori del 1998, non solo devono attendere per 24 mesi una volta andati in pensione la liquidazione dei fondi, ma da alcuni mesi i pagamenti si sono addirittura interrotti. 
A segnalare la vicenda è stata per prima la Slc-Cgil che, per voce del segretario generale Nicola Di Ceglie, ha chiesto al governo di fare chiarezza su quello che sta accadendo con la gestione commissariale del fondo buonuscita delle Poste. Il presidente della Cisal, Francesco Cavallaro, ha fatto un interpello al ministero del lavoro per chiedere perché i lavoratori non stanno ricevendo le somme dovute. 

IL RIMPALLO
La questione è complessa e anche contorta. La gestione commissariale al momento non avrebbe effettivamente ricevuto i fondi necessari a pagare le buonuscite. Della gestione commissariale il Messaggero si era già occupato, segnalando l’impossibilità di reperire il decreto originale di nomina del commissario straordinario che doveva liquidare il Fondo buonuscita e trasferire attivi e passivi alle Poste. Il corto circuito, però, non sembrerebbe legato a questa vicenda, ma si sarebbe creato nel passaggio della gestione dei fondi dal ministero dell’Economia a quello del lavoro. Il ministero del lavoro sostiene di aver erroneamente ricevuto i soldi dal Tesoro, ma che toccherebbe a quest’ultimo trasferirli alla gestione commissariale. Secondo altre fonti i soldi sarebbero invece finiti nelle casse dell’Inps, e che ora si starebbe cercando una via per farli affluire a quelle del commissario. Ma l’Inps, che ha assorbito il vecchio ente previdenziale dei postali, l’Ipost, non conferma questa ricostruzione. Le versioni, insomma, non collimano. Ma più o meno tutti comunque, confermano che nei prossimi giorni i fondi dovrebbero essere, in un modo o nell’altro, sbloccati, e il flusso del pagamento delle buonuscite dovrebbe riprendere. «La vicenda della buonuscita dei lavoratori postali», dice Di Ceglie, «continua ad essere in una zona grigia». Una vicenda che si trascina dal 1998, anno della trasformazione in spa.

All’epoca si pose un problema: ossia se ai dipendenti “privatizzati” di poste, dovesse essere applicato il regime del Trattamento di fine rapporto come per i lavoratori privati, o la buonuscita, come per i lavoratori pubblici. Il nodo fu sciolto così: i dipendenti delle Poste assunti prima del 28 febbraio 1998, ultimo giorno da ente pubblico del gruppo, ancora oggi si vedono liquidare fino a quella data la buonuscita pubblica e a partire dal primo marzo di quello stesso anno, il Tfr privato. Questa decisione, tuttavia, ha comportato per i lavoratori della società pubblica un problema. La parte di liquidazione dei dipendenti delle Poste, pagata con il metodo “pubblico”, è stata parametrata al momento della trasformazione in spa dell’ente allo stipendio del 1998, l’ultimo percepito dai lavoratori di Poste come dipendenti pubblici. Questo meccanismo ha comportato il congelamento ai valori del 1998 della parte di liquidazione costituita dalla buonuscita “pubblica”. Sulla questione c’è stato un lunghissimo contenzioso arrivato fino alla Corte Costituzionale. Che, però, ha dato ragione al governo. La Consulta ha ritenuto la norma che congela la buonuscita dei postali legittima. 
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