Ma Pilato non si lavò le mani: un documentato saggio di Aldo Schiavone riesamina la figura del governatore della Giudea

Ma Pilato non si lavò le mani: un documentato saggio di Aldo Schiavone riesamina la figura del governatore della Giudea
di Claudio Strinati
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Domenica 24 Gennaio 2016, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 13:29
Di uno che non vuole responsabilità scaricando tutto sugli altri, si dice che fa come Ponzio Pilato. Se ne lava le mani! Aldo Schiavone ha scritto un libro intero (Ponzio Pilato. Un enigma tra storia e memoria, Einaudi, euro 22) per spiegare il senso profondo del celebre aneddoto, raccontando la vera vicenda del quinto governatore della Giudea per come è deducibile da un attento scrutinio dei testi antichi su questo personaggio realmente vissuto e operante all’ inizio del primo secolo. Ha riletto i Vangeli, ha riletto storici e saggisti come Flavio Giuseppe, Filone di Alessandria, Tacito, Tertulliano; ha esaminato ogni possibile traccia dell’epoca col fine di approdare alla ricostruzione di Ponzio Pilato per entrare sempre più a fondo nella reale conoscenza della figura storica del Cristo, a prescindere dall’essere credenti o non credenti. Che cosa può essere detto di filologicamente documentato quando si tocca un tema di tale delicatezza e complessità?

LE DOMANDE Nel corso del tempo sono state tante le risposte a un simile quesito e in tal senso l’ incertezza continuerà a regnare sovrana in saecula saeculorum ma bisogna dire che ogni passaggio dei Vangeli è qui seriamente scrutinato da Schiavone per estrarne una verità o almeno una verosimiglianza degna di esame e cruciale è proprio l’ episodio del lavaggio delle mani. Ma che cosa è successo veramente? si chiede l’ autore che dà per certo come gli episodi della Passione di Cristo narrati nei Sinottici e nel Vangelo di Giovanni siano in sostanza realmente accaduti, dato che prende tali scritti come testimonianze filologicamente attendibili, da interpretare certo, ma basate su avvenimenti veri. È l’ evangelista Matteo a raccontare il momento cruciale della storia e Schiavone lo commenta da par suo. Dopo tre rifiuti da parte dei giudei di liberare Gesù, Pilato si scoraggia: “presa dell’acqua si lavò le mani di fronte alla folla dicendo: Io sono innocente di questo sangue, vedetevela voi! E tutto il popolo rispondendo disse: il suo sangue su di noi e sui nostri figli”. Schiavone argomenta : “non si può credere a una sola parola di questo racconto”.

 
IL METODO Ed emerge il metodo dell’ autore misto di cognizione storica circostanziata, pregnanza narrativa e competenza giuridica e amministrativa. Non si può credere a questo racconto, spiega, sia perché Pilato non si sottrasse affatto agli sviluppi successivi della vicenda sia perché il rituale del lavarsi le mani era prettamente ebraico e quindi non appartenente alla sua cultura e, peraltro, nella tradizione biblica il lavaggio delle mani avviene dopo l’ uccisione della vittima e non prima. Schiavone, cioè, cerca di estrarre dagli incerti dati narrativi dei Vangeli, e del Vangelo di Giovanni soprattutto, informazioni precise che gli antichi scrittori hanno voluto presentare come dati di fatto incontrovertibili ma che di certo non lo sono. In questo episodio, chiarisce Schiavone, Matteo e Marco vogliono adombrare la terribile tesi per cui Cristo sarebbe stato ucciso da un intero popolo che “se ne era assunta piena e collettiva responsabilità”. Un evidente falso, afferma lo studioso, proprio perché smascherabile attraverso il confronto tra ciò che ci viene raccontato nel Vangelo e ciò che sappiamo per certo inerente alla cultura giuridica e amministrativa di quel tempo e di quel territorio. Ed ecco che Schiavone può spiegare come qui “si radicava il rovello di una tenace pulsione antigiudaica che nessuna acrobazia esegetica può cercare di sminuire: un fondo di veleni che si sarebbe trasmesso intatto e nefasto attraverso i secoli”. Schiavone, insomma, invoca i fatti almeno plausibili per trarre conclusioni ragionevoli di carattere esegetico e teologico. Poi tutta la trattazione del libro è disseminata di inevitabili ipotesi, dubbi, perplessità.

L’EPOCA Ma proprio per questo l’ operazione che mette in campo in questo testo affascinante e difficile, scritto con limpida e consequenziale chiarezza, può dirsi riuscita. Attraverso la scrupolosa e dettagliata ricostruzione della figura storica di Pilato emerge la grande questione di fondo: quando comincia veramente il Cristianesimo? È ovvio, si potrebbe obbiettare, dalla morte e Resurrezione di Cristo o, per lo meno, dall’ epoca che segue subito dopo culminando con la predicazione paolina e con la stesura dei Vangeli addentrantesi abbastanza avanti nella seconda metà del secolo. Ma in realtà non è così e per convincersene basta leggere attentamente quella parte della trattazione di Schiavone dedicata alla Palestina al tempo dei Vangeli. L’ autore ci spiega bene cosa fosse la Giudea, come fosse amministrata, come fosse vissuta la fede ebraica e la quotidianità dell’ esistenza. Ed emerge una verità sconcertante: il tremendo contrasto tra “la povertà della storia e la straordinaria ricchezza della memoria” che affligge oggi la convivenza in quella terra martoriata era vissuto nel tempo di Cristo esattamente come è vissuto oggi. Un monito solenne promana allora da queste pagine.
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