Uno schema flessibile, con un livello minimo di età intorno ai 64 anni e penalizzazioni economiche più o meno esplicite per chi sceglie di lasciare il lavoro prima dell’età della vecchiaia. Potrebbe essere questo il punto di caduta delle discussioni sul dopo Quota 100, ovvero sulle regole che dovrebbero entrare in vigore dopo il 2021. Ma le proposte in campo - pur se con alcuni elementi in comune - sono comunque differenziate e il confronto vero e proprio deve ancora iniziare. Tra le ipotesi in campo c’è anche quella di Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali, in passato sottosegretario al Lavoro ed esperto previdenziale della Lega, che suggerisce una sorta di Quota 102, ovvero l’uscita con almeno 64 anni di età e 38 di contributi e la pensione calcolata con il sistema contributivo.
Quota 102, no di Cgil e Uil: «Troppi 64 anni di età e 38 di contributi»
Non si tratterebbe quindi di una decurtazione esplicita ma di quella che scaturisce comunque dall’applicazione del calcolo contributivo, che varia a seconda della carriera dell’interessato. Per avere un’idea, nella relazione tecnica all’ultima legge di Bilancio, che proroga l’Opzione donna per le lavoratrici, venivano indicate riduzione medie dell’importo dell’8 per cento per le dipendenti e del 18 per le autonome: con uscita però ad un’età precedente. E proprio una sorta di estensione di Opzione donna, allargata anche ai lavoratori maschi, era stata presa in considerazione nel passato anche da tecnici di area Pd: questo schema che prevedeva come requisiti 64 anni di età e 36 di contributi; dunque si avvicinerebbe di fatto a quello proposto da Brambilla, a condizioni leggermente più vantaggiose che potrebbero quindi richiedere anche ulteriori penalizzazioni sull’importo.
LE CRITICHE
L’idea di Quota 102, anticipata ieri dal Sole 24 Ore, non ha però trovato particolare gradimento né tra i sindacati né nel governo. Cgil, Cisl e Uil giudicano l’età di 64 anni troppo alta e l’applicazione del contributivo eccessivamente penalizzante; chiedono quindi al governo di avviare formalmente il confronto. L’esecutivo ieri si è espresso pur se in via informale attraverso fonti del ministero del Lavoro, che ritengono «inutile in questa fase dare numeri in libertà». Il calendario della ministra Nunzia Catalfo prevede la convocazione entro questo mese del tavolo con le parti sociali. Sempre nelle prossime settimane dovrebbero partire le due commissioni di esperti incaricate di approfondire rispettivamente il tema della separazione tra previdenza e assistenza e quello sulla gravosità delle varie attività professionali. Proprio quest’ultima tematica è strettamente connessa alle idee già avanzate, in un’intervista al Messaggero, dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico.
I CONTI
Tutte queste ipotesi dovranno naturalmente fare i conti con i vincoli di finanza pubblica, se possibile più stringenti in campo previdenziale dove bisogna prevedere l’impatto della maggior spesa con un orizzonte almeno decennale. Una prima dote è rappresentata dai risparmi di Quota 100, ulteriori rispetto a quelli già contabilizzati dal ministero dell’Economia. Finora infatti l’adesione alla formula di uscita anticipata voluta dal precedente esecutivo giallo-verde è stata meno intensa rispetto alle originarie previsioni della Ragioneria generale dello Stato.
Profilo Abbonamenti Interessi e notifiche Newsletter Utilità Contattaci
Logout